Sarah, tunisina nata a Catania: per la Polizia deve "lasciare l'Italia"

Rapita a 7 anni e trascinata in Tunisia, la Polizia: “Lasci l’Italia”

Lunedì l'udienza, ma è già battaglia
TRIBUNALE CIVILE
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CATANIA – La Questura di Trapani si costituisce contro Sarah, la ventenne nata e cresciuta a Catania, rapita dal padre a 7 anni e poi fuggita dalla Tunisia, dove lui l’aveva trascinata, per tornare a vivere qui con la sua mamma e i suoi fratelli. L’udienza è in programma dopodomani. Lunedì si va in aula. E con una memoria dell’avvocatura dello Stato, la Questura di Trapani e il ministero dell’Interno definiscono “farneticanti elucubrazioni” le tesi a sostegno della ragazzina formulate dal suo avvocato, il penalista del foro di Catania Giuseppe Lipera.

Le “farneticanti elucubrazioni”

Ma l’avvocato non ci sta. E attraverso una memoria chiede “l’immediata cancellazione dagli atti di causa” dell’espressione “offensiva e ingiuriosa” usata dall’Avvocatura. “Si badi – scrive il legale – il nostro dizionario chiarisce che il termine farneticante vuole dire un “discorso privo di senso, assurdo, delirante, demenziale, folle, insensato”. Ci si riserva comunque di ricorrere alle autorità competenti al riguardo”.

Il caso di Sarah, del resto, è una controversia internazionale che ruota attorno a una ragazzina vittima di un rapimento. E ai suoi più elementari diritti civili. Quando aveva 7 anni suo padre decise di andarsene dall’Italia, dove la bimba era cresciuta, e di trascinarla con sé in Tunisia. Nel Paese nordafricano la ragazzina fu costretta a vivere la sua adolescenza lontana da sua madre, che nel frattempo aveva denunciato l’ex coniuge per sequestro di persona, e dai suoi fratelli. Una lontananza che non ha cancellato l’amore verso la sua famiglia. E verso la Sicilia.

La fuga sul gommone

E non appena ha potuto ha preso i suoi risparmi ed è scappata. Ha fatto come si fa da quelle parti. Ha pagato un delinquente, uno scafista, per farla salire su un gommone diretto verso la sponda nord del Mediterraneo. Si è sobbarcata un viaggio dell’orrore su un mezzo posticcio assieme a un gruppo di disperati e quel natante, grazie al cielo, è arrivato a destinazione. Poi, una volta giunta in Italia, nel Paese dove è cresciuta, non ha fatto altro che raccontare la sua storia. È l’unica verità che conosce. È la sua vita.

Ma la Questura di Trapani ha detto di no alla sua permanenza in Italia. E adesso, che l’avvocato Lipera ha fatto ricorso, il ministero dell’Interno si è costituito attraverso l’Avvocatura dello Stato, per chiederne il rigetto. Il legale della famiglia parla attraverso una nota alla prima sezione civile del Tribunale di Catania e al giudice Rosario Maria Cupri, dinanzi a cui si celebrerà l’udienza dopodomani, lunedì 19 febbraio.

Il legale: “Questa è la sua casa”

“Questa ragazza è nata a Catania, in questa città ha lasciato la mamma e tre fratelli solo perché rapita dal padre – riassume il legale -. La madre l’ha aspettata per anni, tentando invano, purtroppo, tutte le strade per farla tornare già da minorenne. Sarah ha tentato innumerevoli volte di ricongiungersi all’amata madre, ma le macchinazioni burocratiche del nostro ordinamento gliel’hanno sempre impedito”.

L’avvocato, che nei mesi scorsi ha anche lanciato un appello alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, prosegue: “La giovane Sarah è stata costretta a raggiungere la sua città Natale, la mamma ed i fratellini, con un gommone, dopo un viaggio di quattordici ore, per colpa della burocrazia del nostro Paese. Sarah è finalmente tornata a casa propria, con la sua mamma ed i suoi fratelli – conclude il legale -. Né politica né diritto possono permettersi di dire che Sarah non sia in casa propria”.


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