Scandali e campagne elettorali | L'inevitabile giustizia a orologeria - Live Sicilia

Scandali e campagne elettorali | L’inevitabile giustizia a orologeria

Il caso del sindaco di Priolo rilancia uno dei temi tanto cari alla politica.

VERSO LE REGIONALI
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PALERMO – Nei giorni in cui finiva agli arresti domiciliari l’onorevole regionale Girolamo Fazio, oggi libero, in piena campagna elettorale per l’elezione del sindaco di Trapani, toccò al procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, cercare di arginare la più classica delle critiche: “I tempi delle indagini e della politica sono diversi e a volte possono crearsi sovrapposizioni temporali. Quando questo capita, comunque, in mancanza di una conoscenza precisa dei fatti, nessuno è autorizzato a parlare di giustizia a orologeria”.

“Sovrapposizioni temporali” che finiscono per essere inevitabili in un Paese in perenne campagna elettorale e con un densissimo rapporto fra candidati e popolazione. Il tema della “giustizia a orologeria” fa capolino in ogni campagna elettorale. Crea dibattito e divisioni, anche nelle stesse coalizione. Non sfugge alla regola la corsa per le regionali del 5 novembre.

Pochi giorni fa è stato arrestato il sindaco di Priolo, Antonello Rizza, candidato di Forza Italia. “Mi piacerebbe che anche la magistratura, ogni tanto, si assumesse la responsabilità delle proprie scelte e, soprattutto, delle proprie azioni”, ha detto Gianfranco Micciché, coordinatore siciliano dei berlusconiani. Il riferimento al “tic tac” giudiziario-politico è chiarissimo.

Di tutt’altro tenore le parole di Nello Musumeci che da Micciché viene appoggiato come candidato alla presidenza della Regione. Musumeci le distanze da Rizza le ha prese da tempo, quando “il sindaco di Priolo era venuto da noi, tre volte, per essere candidato nella lista #Diventeràbellissima e gli abbiamo detto no, perché chi ha problemi con la giustizia prima pensi a risolverli e poi a tornare a fare politica”.

Rizza infatti, prima ancora di finire ai domiciliari per truffa e turbativa d’asta era già stato rinviato a giudizio quattro volte. Uno dei processi ancora in corso nasceva da un’inchiesta denominata “qualunquemente”. Gli investigatori vollero sottolineare quanto la realtà superasse la finzione cinematografica dei fortunati film di Antonio Albaese, Cetto La Qualunque.

L’ultima indagine piazzerebbe Rizza al centro del sistema illecito per pilotare le gare comunali. A leggere le carte dell’inchiesta si scopre che il fascicolo è stato aperto l’anno scorso e le microspie accese nel giugno 2016. Se davvero Rizza ha commesso i reati che gli vengono contestati era necessario intervenire: è questa la logica del giudice che ha emesso la misura cautelare per recidere il legame con la pubblica amministrazione e stoppare il rischio di reiterazione dei reati.

Pure un grillino evocò lo spetto della giustizia a orologeria. A metà settembre il sindaco di Bagheria, Patrizio Cinque, fu raggiunto dall’obbligo di firmare il registro delle presenze in caserma (il provvedimento fu poi revocato) nell’ambito di un’indagine per falso ideologico, violazione del segreto d’ufficio e abuso d’ufficio. Poi, arrivò la smentita romana: la nota in cui si parlava di giustizia a orologeria era partita per errore. Insomma, la fiducia del Movimento 5 Stelle nella magistratura non doveva essere messa in discussione.

E alle ultime elezioni comunali di Palermo? Ancora una volta, lo scorso gennaio, fu Miccichè a definire “avviso di garanzia ad orologeria” quello che raggiunse Fabrizio Ferrandelli, sfidante del sindaco Leoluca Orlando. Un pentito sosteneva che Ferrandelli avesse ottenuto l’appoggio del clan mafioso del Borgo Vecchio. Anche in quel caso si aprì un dibattito. Da una parte Micciché e dall’altro lo stesso Ferrandelli che disse: “Mai parlato di giustizia a orolegeria”. Perché non c’è campagna elettorale che si rispetti senza l’ingombrante presenza della magistratura.

Quanto incida l’irrompere della magistratura sulla campagna elettorale è roba da analisti. Di certo incise in maniera decisiva per la corsa a sindaco di Trapani. Accusato di corruzione nell’ambito dell’inchiesta che ha coinvolto l’armatore Ettore Morace, Fazio decise di non completare la lista dei suoi assessori in vista del ballottaggio per le elezioni trapanesi. In questa maniera decadde e rimase in corsa il solo Piero Savona con l’obbligo, non rispettato, di portare alle urne il 50 per cento più uno degli elettori per diventare sindaco.


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