Schifani: "Centrodestra unito, modello Draghi? Un'illusione" - Live Sicilia

Schifani: “Centrodestra unito, modello Draghi? Un’illusione”

Il senatore invita alleati e amici di partito a dare priorità al voto di Palermo e Messina.

PALERMO – “Le trattative politiche vanno affrontate nel momento temporale corretto”. Il senatore azzurro Renato Schifani la mette sul piano del metodo e risponde a colpi di fioretto ai compagni di strada del partito siciliano (in primis Miccichè, che non nomina mai in modo diretto). E anche a qualche alleato bizzoso. Schifani assicura che il centrodestra non si frantumerà, un’ipotesi corroborata dal sistema elettorale. Il dibattito sulle regionali, secondo il senatore, è insomma prematuro e dannoso. Ma soprattutto rallenta le trattative che dovranno portare alle delicatissime partite elettorali di primavera. 

Senatore, il voto per il Colle non è stato indolore per il centrodestra, secondo lei è in corso soltanto una guerra di posizionamento per la leadership o qualcosa si è rotto?

No, io non credo che si sia rotto nulla. E’ evidente che il passaggio del Colle era un passaggio delicato perché vedeva la coalizione di centrodestra apparentemente su posizioni unitarie. Il fatto di non supportare unitariamente il governo ha dimostrato determinati limiti, ma la forza del centrodestra sta nel territorio, nel comune sentire del nostro elettorato di un progetto di sviluppo e modello di società diverso da quello messo in piedi dal centrosinistra. Inoltre, gli elettori pretendono e ci chiedono a gran voce unità. Il governo di 14 regioni è un patrimonio, il frutto di tanti anni di lavoro da quando Berlusconi è sceso in campo e ha dato una svolta alla politica del Paese. 

Ieri, però, è sembrato che Renato Brunetta abbia aperto al modello Draghi. 

La legge elettorale non cambierà: rimarrà la stessa. Ed è una legge che prevede una quota maggioritaria e quindi presuppone le coalizioni. Un modello maggioritario misto a proporzionale. Rivoteremo con il Rosatellum anche perché la legge elettorale alla viglia delle elezioni si cambia soltanto in presenza di grandi consensi che non vedo intorno a modifiche in senso proporzionale. Detto questo, il sistema elettorale maggioritario a mono turno funziona in un sistema bipolare come è stato quello del passato, non funziona in un sistema tripolare come quello degli ultimi anni dove il rimedio è il doppio turno come in Francia. Siccome voteremo nel 2023 in uno scenario bipolare con l’alleanza Pd-M5S da un lato e il centrodestra dall’altro torneremo a  un modello di bipolarismo che attraverso il maggioritario darà finalmente un vincitore e un perdente.

Lei non crede all’ ipotesi che la frangia sovranista vada autonomamente da una parte e che l’attuale maggioranza di Draghi si schieri compatta dall’altra parte?

E’ la legge elettorale che determinerà le coalizioni perché in un momento in cui la legge elettorale rimarrà tale, lo schema delle alleanze sarà quello dal maggioritario quindi del centrodestra, una coalizione che esiste dal 1994. Il modello Draghi trova un ostacolo invalicabile nel sistema elettorale. 

Anche la legge elettorale siciliana è uno scoglio rispetto alla tentazione di mettere in campo una sorta di modello Draghi. No?

Non vi è dubbio. Lo stesso ragionamento vale per la Sicilia che ha un sistema elettorale maggioritario a mono turno come tutte le regioni d’Italia.

Lei insomma non crede a questi sconvolgimenti che all’interno del suo partito qualcuno va sbandierando.

Puro esercitazionismo. 

Recentemente anche Gianfranco Miccichè aveva parlato del modello Draghi dicendo che poteva essere una necessità davanti a una rottura paventata da Fratelli d’Italia che però in occasione della direzione nazionale non si è materializzata. Lei che cosa ne pensa?

Io sono certo che non ci sarà perché l’unità del centrodestra è un valore al quale tengono sia i leader del centrodestra che la nostra base. E’ evidente che anche per la Sicilia vale il ragionamento che faccio per il sistema nazionale: andremo con il vincolo delle coalizioni che vedrà un blocco Pd-M5S da un lato e il centrodestra dall’altro. E avremo un vincitore e dei perdenti. Non sarà necessario andare a trovare altre formule. 

Al momento sul tavolo ci sono due candidature quella di Musumeci e quella Miccichè. Secondo lei si aggiungeranno altre candidature?

Questo non lo escludo, siamo in piena democrazia. Quello che mi stupisce è che a maggio si terrà una tornata elettorale di elezioni amministrative in Sicilia come Palermo e Messina e non si parla di candidature e coalizioni mentre ci si sta avvitando su uno scontro relativo alle elezioni regionali di ottobre, che in sostanza hanno paralizzato il dibattito sulle amministrative. Secondo me occorre lavorare su due piani diversi. Lo vuole la logica. 

In che modo? 

Lavorare sul piano delle amministrative, che sono dietro la porta, trovando il migliore candidato al di là delle appartenenze e senza cedere alla logica delle spartizioni. E poi, posto che Musumeci essendo presidente uscente ha diritto a riproporre la propria candidatura al tavolo della coalizione, inizieremo a lavorare alla prosecuzione o all’individuazione di un nuovo candidato. Ma tutto questo viene dopo. Non dimentichiamo che Musumeci nel 2017 è stato individuato come candidato a settembre. Perché oggi c’è tutta questa fretta, mi chiedo, ci stiamo occupando oggi di un problema che, invece, è successivo ad altri che dobbiamo risolvere prima in relazione all’individuazione dei candidati di Palermo e Messina. 

A meno di tre mesi dal voto a Palermo regna l’incertezza. Il centrodestra sembra non trovare la quadra e qualcuno lascia intendere di volere sperimentare nuove alchimie? Se ragioniamo di legge elettorale in questo caso c’è l’ipotesi ballottaggio però…

Essendoci il doppio turno, a Palermo come in altre parti d’Italia, cosa che non mi auguro comunque, centrodestra e centrosinistra potrebbero andare con più candidati. Non sarebbe la prima volta, anche a Roma in passato il centrodestra si è diviso per ricongiungersi al ballottaggio.

E questo secondo lei, andare divisi a Palermo non peserebbe nella corsa per Palazzo d’Orleans?

Non sarebbe un buon viatico per l’appuntamento di ottobre. Vorrei ricordare come il centrodestra abbia in passato patito ribaltoni come quello del 2010 Mpa-Grande Sud con Lombardo Presidente che ha relegato il Pdl all’opposizione, abbia patito la su spaccatura nel 2012 che ci ha regalato Crocetta. 

Lei teme che questo scenario si possa riproporre visti i malumori che stanno emergendo in queste settimane? I protagonisti siciliani potrebbero essere gli stessi di allora…

Mi auguro che i siciliani si occupino prima delle elezioni dei comuni al voto.  Forza Italia è un partito liberale che ha sempre garantito la libertà di espressione. Sono figlio della cultura di Berlusconi che mi ha educato alla logica dell’ascolto. Ho vissuto tanti anni al suo fianco, lui ascoltava tutti, non negava a nessuno un confronto e poi decideva liberamente: mi ha aiutato molto nel ruolo di capogruppo al Senato. Mi auguro che si dia priorità a Palermo e Messina. E solo dopo si pensi alle regionali. Porre tutto sullo stesso piano e arrivare ad ipotizzare per esempio un presidente della Regione che va a casa perché non ricandidato, decidendolo già adesso, significherebbe trovarci davanti, gioco di immaginazione, a possibili dimissioni del Presidente che non gioverebbero certo alla Sicilia che deve affrontare e risolvere una grave crisi pandemica e sociale

Nel partito siciliano quante persone la pensano come lei?

In Forza Italia non c’è un luogo di confronto. Non c’è mai stato in questi anni. Ho chiesto sin dall’inizio del governo Musumeci di potere promuovere incontri tra deputati regionali, nazionali e assessori per fare squadra, come ho fatto io quando ero capogruppo. Purtroppo quando in un partito non c’è collegialità e partecipazione, secondo me si inquinano le logiche della democrazia partecipativa. Quindi senza dibattito non so dire come la pensano gli altri anche se la dialettica è sempre utile perché il confronto aiuta anche a potere cambiare idea. Io faccio l’avvocato e so bene cosa significa.

Diversi esponenti del suo partito e della maggioranza avanzano critiche specifiche al Presidente. Ad esempio di non avere coinvolto adeguatamente i partiti. 

La contestazione che si muove da parte di alcuni esponenti del centrodestra a Musumeci e che si è raccordato di più con i suoi assessori e meno coi partiti. Ma questi dove erano quando ciò accadeva? Perché non chiedevano una verifica di maggioranza?

Lei invece che giudizio dà sul governo della Regione?

Forza Italia attraverso i suoi assessori ha ridotto di un miliardo il debito pubblico, ha ridotto di 300 milioni il contributo di finanza pubblica che la Regione dà allo Stato e ha determinato il boom degli appalti pubblici nel 2021 pari a tre miliardi. Posso giudicare queste cose perché dipendono dagli assessori di Forza Italia e le conosco, sul no o sì a Musumeci non posso dare un giudizio perché non c’è mai stata la possibilità all’interno del partito di potersi confrontare e acquisire elementi dell’azione di governo sulla quale avremmo potuto dare un giudizio motivato ed approfondito.


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