Sciacca, in piazza contro le stragi | degli incidenti stradali - Live Sicilia

Sciacca, in piazza contro le stragi | degli incidenti stradali

A Sciacca nessuno passeggia “ na lu chianu”,  così come consuetudine millenaria cittadina impone e scandisce il tempo nel giorno dedicato al riposo:  per stasera, il solito “su e giù” per la terrazza sul mare è sospeso. Bandite anche le solite chiacchiere sul calcio e lo shopping per signore che fanno da contorno al lento ciondolare nel salotto buono della città.  Si riesce perfino a sentire il cinguettio degli uccellini che popolano i secolari ficus esposti alla brezza del mare e allo scirocco.  Anche i bambini, solitamente grandi contribuenti del trambusto generale che anima la piazza, stanno in silenzio; le mamme hanno spiegato ai più curiosi che stasera si ricorda Angelo che è volato in cielo e qualcuno di loro sbalordito dal grande mistero della vita, alza lo sguardo verso un cielo che nella settimana dell’estate di San Martino ha portato via per l’occasione anche le stelle.

Gli amici di Angelo  Pacifico indossano le t-shirt che hanno preparato per protesta: maglie a chiazze rosse che recitano: “Sono io la prossima vittima delle strade siciliane”, mentre la gente li circonda in semicerchio. Per la provincia di Agrigento quella passata è stata una settimana di sangue, un bollettino di una guerra inspiegabile, tre vite spezzate senza un senso.  Una carneficina inesorabile che nel giro di ventiquattro ore ha strappato alla vita tre ragazzi, morti in tre diversi incidenti stradali nelle strade da “terzo mondo” di una provincia con l’ambizione di un aeroporto e di una Sicilia con il sogno del ponte sullo Stretto.  Angelo Pacifico, Valeria Bonomo e Valeria Di Simone erano ragazzi normali, non soldati mandati al fronte, non le vittime delle stragi del sabato sera, quelli che tornavano dallo sballo del divertimento che inficia il dubbio di una manovra azzardata, del momento di stanchezza, del bicchiere di troppo. Erano un professore, un’infermiera e un’impiegata in macchina per andare al lavoro, usciti di casa per guadagnarsi da vivere e non per morire in strada.

Qualcuno tira fuori dalle tasche gli accendini e illumina le candele per la fiaccolata, un serpentone di persone per le vie del centro avvolto in un silenzio irreale.
In prima fila ci sono Diana, Giorgio, Amedeo, Alessandro,  gli amici di Angelo che hanno messo in piedi in poco tempo questa manifestazione, poco più in là ci stanno i suoi familiari. Il fratello di Angelo, riconoscibile per la grande somiglianza, ogni tanto fa fatica a stare in piedi e qualcuno lo aiuta a sorreggersi durante il tragitto, ha il volto scavato dal pianto e gli occhi stanchi.
Più defilati stanno i politici, non in prima fila stasera:  il sindaco di Sciacca, quello di Agrigento, Marco Zambuto e quello di Casteltermini: niente comizi e promesse stasera, nessuno starebbe ad ascoltarli.

Ci sono anche i ragazzi dalla vicina Ribera che ha già pagato il suo tributo di sangue: quattro giovani ragazzi nel 2000, la giovane mamma incinta, Anna Maria Sgrò solo l’anno scorso. Sostiene uno striscione a metà del corteo  la mamma di Daniele Puccio, diciassette anni morto a Menfi  in un’altra strada piena di croci e fiori come ormai tante da queste parti, ha lo sguardo fiero di chi ha iniziato una battaglia e non intende mollare e a molti rinnova l’appuntamento per giorno ventuno per un’altra manifestazione per le vittime della strada.
Poi il corteo ritorna in piazza, un ragazzo con chitarra intona il ritornello delle note di una famosa canzone: “ The answer, my friend, is blowin’in the wind”.


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