PALERMO – La casa per anziani di via Salvador Allende, a Sciacca, doveva essere trasformata in fretta in hub vaccinale. La Sicilia correva, come le altre regioni d’Italia, per contrastare il Covid.
In nome dell’urgenza, non solo in epoca di pandemia, le procedure burocratiche vengono azzerate o quasi. L’inchiesta svela che la famiglia mafiosa di Sciacca ne avrebbe approfittato. Al vertice di una “impresa di fiducia” della Protezione civile della Regione siciliana c’è uno degli arrestati del blitz del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo.
L’ingegnere e l’imprenditore
In carcere è finito anche l’ingegnere Maurizio Costa, responsabile per la provincia di Agrigento con una parentesi di lavoro come dirigente generale del dipartimento Acqua e rifiuti della Regione. Costa avrebbe raggirato anche il suo superiore, Salvatore Cocina, che della Protezione civile siciliana è il dirigente generale.
Il 13 aprile 2021 Costa stilò un verbale di somma urgenza con il quale fu individuata nella Gsp Costruzioni di Giuseppe Marciante l’impresa a cui affidare la commessa dell’hub vaccinale da 110 mila euro. Anche Marciante è stato arrestato.
I pm di Palermo lo definiscono “un imprenditore mafioso” che aveva messo la sua impresa a disposizione del boss di Sciacca, Domenico Friscia (fra i sette arrestati del blitz).
L’impresa sarebbe stata il braccio operativo della famiglia mafiosa per mettere le mani sugli appalti pubblici. Il verbale sarebbe stato falso perché l’impresa non era in possesso, al contrario di quanto dichiarato, dell’attestazione Soa.
“VBerbale falso”
Nel marzo precedente era stato il direttore dei lavori a chiedere a Marciante: “Che hai combinato con la Soa?”. “Quindici, venti giorni dicono loro”, rispondeva l’imprenditore.
Il 7 aprile nuova richiesta del direttore: “Una gentilezza Giusè, l’hai fatta la Soa?”. Risposta: “No, ancora no”. Eppure il 13 aprile la Soa spuntava nel verbale di Costa senza che l’impresa l’avesse ottenuta. Il 22 aprile i lavori furono affidati, ma dell’attestazione neanche l’ombra.
Tre giorni dopo gli operai erano al lavoro. Marciante inviò alcune foto a Costa che rispose: “Perfetto, buona domenica e non ti scordar di me”.
In cambio “lavori gratis a casa”
A cosa si stava riferendo? Secondo l’accusa, chiarificatrice sarebbe una telefonata del novembre successivo: “Poi l’hai fatta la barriera? Perché sta arrivando lo scirocco ed evitiamo danni”. Qualche mese dopo l’ingegnere della Protezione civile spiegava a Marciante che “il direttore ha firmato il dispositivo, in settimana liquidano”. Quindi lo invitava a “vedere due cose alla Tonnara… così ci programmiamo e facciamo tutto quello che c’è da fare”.
Alla Tonnara c’è l’abitazione di Costa. Il giudice che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare sottolinea la “commistione fra sfera pubblica e privata”. Altre volte nelle conversazioni si parlava di “giardinaggio, la prossima settimana sarà fatto” o del “tubo che si è rotto davanti casa”. Costa chiamava e Marciante si sarebbe attivato per assecondare i suoi desiderata.
A volte storceva il naso. Lo faceva obtorto collo: “Tanto a sto prezzo, tutto gratis”, confessava l’imprenditore ad un amico. Che però otteneva commessa dopo commessa: 17 mila euro e 60 mila euro per il ripristino delle strade a Lucca Sicula e Caltabellotta, 40 mila per recintare l’area della Scala dei Turchi sequestrata a Realmonte.
“Già quello è in moto lo sto seguendo io”, diceva Costa a Marciante in riferimento al pagamento di questi ultimi lavori. L’urgenza snelliva le procedure.