L’esito dell’ultima assise del Pd siciliano conferma quanto già sapevamo e ci racconta una sola verità. Intanto, abbiamo l’assemblea regionale del partito spostabile a piacimento di mese in mese. La prossima data è il 19 giugno. Una seconda, risaputa, questione è costituita dalla partecipazione al governo cosiddetto tecnico. Ebbene, tale esecutivo è stato presentato dal Pd come quello che stava cambiando le sorti della Sicilia. Tuttavia, per coerenza, se ne dichiarava il de profundis già qualche mese dopo averlo formato. Ora siamo giunti alla celebrazione del funerale. Si aggiunge, nel comunicato doroteo diramato dopo l’incontro svoltosi sotto la supervisione dell’inviato romano, che nell’azione di governo, il quarto, vi sono state luci e ombre. Se consideriamo che si è consentito ad esso, proprio dal suo più convinto sostenitore, il Pd, soltanto otto mesi di vita stentata, criticandolo un giorno sì e uno pure, è a tutti chiaro che né di luci, né di ombre, dobbiamo parlare. Ma di buio pesto. I siciliani lo sanno da tempo, adesso anche i democratici lo confermano ufficialmente.
Un terzo aspetto, che conoscevamo pure prima del conclave, viene fuori dalla riunione dei democratici. Si tratta del referendum elasticizzato, deformabile nel tempo e nello spazio, che adesso accontenterà un po’ tutti. Pro lombardiani e tifosi della parte avversa. Guelfi e ghibellini, palermitani e catanesi. Quelli che non lo volevano ma che ora si sono convinti, tanto non conta più un tubo, e quelli che hanno raccolto cinquemila firme per farlo celebrare, tanto lo hanno già venduto al miglior offerente sull’altare del possibile governo politico. Si svolgerà a settembre. Sul mese e sull’anno è consigliabile non scommettere un solo euro. Proprio sul futuro, le frasi del comunicato del Partito Democratico, centonovantuno parole per quattordici righe, raggiungono il top del già sentito e del paradossale. Perché ora si tratterebbe di verificare “se esistono le condizioni per una nuova fase politica delle forze progressiste, moderate e autonomiste all’insegna dell’innovazione”. Uno, a questo punto, potrebbe ricordare che proprio sullo strumento principale dell’eventuale coesione della coalizione, il bilancio della regione, è appena franato miseramente lo schieramento (MPA, PD, FLI, UDC e API) che sostiene il governatore e il suo quarto governo ormai passato a miglior vita. Invece di prendere atto di questo fallimento, ossia un esecutivo che campa niente e un bilancio che fa venire i brividi, cosa fanno i democratici? Tentano di allargare questa esperienza, già rotolata nel burrone, per bocca e per mano degli stessi piddini, anche alle altre forze del centrosinistra assenti nel parlamento siciliano, Sinistra e Libertà e Italia dei Valori. Come se fosse stata non una Caporetto, ma una limpida e trionfale affermazione sui fondamentali assi dei provvedimenti governativi e dei conti del bilancio. Che si sono potuti chiudere soltanto mettendo in conto risorse finanziarie che ancora il governo nazionale deve scucire, mentre i fondi europei 2007-2013 non riusciamo a spenderli.
Veniamo all’unica parte del comunicato credibile e al vero motivo del chiarimento tra i dirigenti democratici. “Un banco di prova importante – leggiamo – saranno le prossime elezioni amministrative”. Ecco qual è il punto. Siccome a fine mese si vota, è stata semplicemente siglata una sospensione delle ostilità sino ai ballottaggi. Per dirlo, al segretario regionale del Partito Democratico, bastavano soltanto diciassette parole. Le seguenti: “speriamo di non prendere una bella botta alle amministrative, firmata tregua, incrociamo le dita, passo e chiudo”.
(Nella foto Giuseppe Lupo, segretario regionale del Pd)