Se la Giustizia diventa un porno (seconda parte) - Live Sicilia

Se la Giustizia diventa un porno (seconda parte)

Sembra che su questo scenario si taccia dappertutto e soprattutto presso l'organo associativo della magistratura italiana.

Riassunto delle puntate precedenti:

Un virus trojan, inoculato (ipse dixit!) all’interno del cellulare di un facilitatore di importanti incarichi giudiziari, rivela uno scenario apocalittico.

L’Italia intera scopre qualcosa che già tutta l’Italia sapeva da molto tempo.
Nella magistratura non vi era incarico di rilievo che non fosse determinato, condizionato e sottomesso al volere (se non allo strapotere) di pochi oligarchi.

Muovendo dall’idea che la pluralità ideologica sarebbe il sale della democrazia partecipativa, essi avevano assaltato le saline istituzionali impossessandosene.

Il facilitatore – radiato dal “Sistema” con un istantaneo ed esemplare processo disciplinare – non accettava la sua punizione ed elevava lo scontro pubblicando un libro a luci rosse.

Pagina dopo pagina, sapientemente guidato dal filo di Arianna del suo mentore, il facilitatore raccontava di quanti erano entrati nella sua alcova abbeverandosi all’avvelenato nettare del potere.

Nel grido pubblicitario dell’edizione ben poteva udirsi la rullante voce del banditore: “Venghino, signori! Venghino a leggere (e vedere) quanti uomini importanti si sono umilmente inginocchiati – al cospetto del reietto – per suggere il taumaturgico elisir di lunga vita!”.

Il libro vendeva novantamila copie in soli tre giorni, dimostrando che non è vero che gli italiani non amino il porno.

Ma qui, diversamente da un’opera iconografica del noto Siffredi, il testo rivelava a tutti una quantità infinita di reati.

Perché – e faccio appello ai miei antichi ricordi del Diritto Penale universitario – un insieme di persone che si uniscono in un progetto criminoso e lo portano a compimento, con precisa e determinata volontà cospirativa, compiono il delitto di associazione per delinquere.
Sicuramente il facilitatore non era solo nella sua opera avvelenatrice dell’ordine pubblico giudiziario.

E ciò per la stessa ragione che, se la ricettazione è figlia del furto ed il riciclaggio dell’illecito arricchimento, allo stesso modo i delitti confessati erano partecipati dagli utilizzatori finali.

Sembra che su questo scenario si taccia dappertutto e soprattutto presso l’organo associativo della magistratura italiana.
Strano, no?

Ma voglio essere ottimista e pensarla come il grande disegnatore di Linus e dei Peanuts, Charles Mark Schulz:

“Tutto questo avrà un senso nella seconda parte…”.

LEGGI QUI LA PRIMA PARTE

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