CATANIA – Una difficoltà storica che ieri ha rischiato di trasformarsi in tragedia. L’incendio di ieri in via Acquicella, con un gruppo di persone senzatetto costrette a fuggire dalle fiamme nel caseggiato abbandonato in cui avevano trovato riparo, ha ricordato alla città di Catania l’esistenza degli ultimi, e le difficoltà con cui si cerca di sostenerli. Per Emiliano Abramo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, “sull’assistenza a poveri e migranti manca un pensiero: si è tirato a campare e si è convissuto con una difficoltà, sempre in emergenza”.
Le persone fuggite da via Acquicella
L’edificio bruciato ieri in via Acquicella era diventato da tempo un rifugio per senza tetto. I quali oggi sono rimasti senza un riparo: “Per quello che sappiamo – dice Emiliano Abramo – quelle persone sono scappate nei quartieri del centro, soprattutto in San Berillo e nella zona di corso Sicilia”.
Queste persone si aggiungono ai senzatetto già presenti per le vie di Catania: “Nell’ultimo censimento – racconta ancora Abramo – erano state registrate 54 persone senzatetto, ma questi dati risalgono a prima della pandemia. I volontari di Sant’Egidio hanno notato l’aumento dei senzatetto negli anni del Covid e anche dopo, per la crisi economica”.
Il sistema dell’assistenza
Il punto, dice Abramo, è che il sistema di assistenza per poveri e senzatetto a Catania è in difficoltà: “Storicamente questo è un tema su cui la città è in affanno, dato che non esiste un dormitorio comunale. L’assistenza è appaltata ad alcune cooperative che mettono a disposizione dei posti letto e a questo si aggiungono realtà come la Locanda del buon Samaritano, la Caritas e la stessa comunità di Sant’Egidio. Ma non c’è un approccio complessivo da parte delle istituzioni”.
Anche dal punto di vista dell’accoglienza di migranti l’accoglienza crea dei problemi che tendono a riflettersi sulla città: “L’ex hub vaccinale di via del Forcile – dice Abramo – ha diverse carenze, ed è successo che quando le strutture di accoglienza sono troppo sature i migranti fuggono, finiscono per strada e non trovando niente cercano di spostarsi in altre città”.
L’impatto sulla città
Questa carenza tende a riflettersi sulla presenza di poveri e senzatetto per le vie della città: “San Berillo – racconta Emiliano Abramo – ha sempre avuto il ruolo di accogliere gli ultimi. Quando ha chiuso il Cara di Mineo i migranti sono venuti a San Berillo, aumentando il numero di senzatetto”.
Un movimento di persone che causa anche contrapposizioni: “Storicamente, nei quartieri del centro c’è tensione tra poveri e residenti – dice ancora Abramo – Corso Sicilia è uno degli snodi finanziari della città, ma dato che vi sono i portici ci sono molte persone che dormono lì. L’assenza di alternative ha creato questa contrapposizione tra residenti che vivono a contatto con il degrado e i poveri che non sanno dove andare”.
Questo in una città in difficoltà da tanti anni. Per Abramo, “Non c’è un salto di qualità nelle istituzioni. Nessuno si occupa mai di queste cose, e la situazione è diventata una continua emergenza”.