ENNA- E’ una storia di sevizie atroci quella che arriva dal carcere di Enna, dove un detenuto è stato torturato per oltre un mese dai compagni di cella. Lui, un trentenne accusato del furto di un motorino, ha taciuto per paura. Ad accorgersi dei segni che il figlio portava su di sé è stata la madre durante un colloquio in carcere. E sono scattate le verifiche. Il giovane ora rischia di perdere un piede.
La Procura ha aperto un’inchiesta e il ministero della Giustizia avrebbe disposto un’indagine interna per accertare la dinamica dei fatti e perché nessuno, tra chi opera nella struttura penitenziaria, si sia accorto di nulla. L’uomo è stato torturato per più di un mese: i compagni di cella gli versavano l’acqua bollente della pasta sui piedi; e poi sulle ustioni spalmavano detersivi, sale, aceto. L’hanno stuprato, hanno spento cicche di sigarette nell’ano. I cinque gli impedivano di uscire dalla cella nel timore che altri notassero le ferite. E i timori di ritorsioni verso i suoi familiari hanno indotto la vittima a non dire nulla. E’ stata la madre del detenuto, infatti, a dare l’allarme durante un colloquio nel carcere e grazie a lei nei giorni scorsi la vicenda è finalmente emersa.
La donna ha notato la gravissima tumefazione che il figlio aveva ad un orecchio e ha cominciato a urlare. Immediatamente l’uomo è stato sottoposto ai controlli medici e sono stati scoperti i segni di sevizie indicibili. Il giovane rischia di perdere un piede. La Procura di Enna ha aperto un fascicolo e già sono stati effettuati i primi accertamenti sulla vittima. I responsabili delle sevizie sono tutti catanesi, come la vittima, e sono detenuti comuni per reati vari, ma nessuno a sfondo sessuale. Il più giovane ha 20 anni, il più grande ne ha 46, gli altri tre sono trentenni. Ora, in relazione a quanto accaduto, sono accusati di violenza sessuale di gruppo, lesioni gravissime, sevizie. Tre sono stati trasferiti in un altro carcere, mentre altri due sono ancora, in isolamento, a Enna. (ANSA)