"Sì all'ascolto, no alle clientele" - Live Sicilia

“Sì all’ascolto, no alle clientele”

Intervista a Gregorio Porcaro
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Da tanti anni ormai si è spogliato degli abiti sacri, decidendo di vivere la sua vita da padre e da marito. La passione è, però, sempre viva nella sua voce, così come la delusione “per pezzi di Chiesa che si adeguano” allo status quo, anziché “alzarsi facendo sentire alta e chiara la propria voce”. Gregorio Porcaro ha vissuto in prima persona gli anni dell’attivismo civile e politico dei preti di frontiera, percorrendo al fianco di don Puglisi, il sentiero della riscossa morale del quartiere di Brancaccio e dell’intera città. Adesso prova a ragionare a 360 gradi su Chiesa, potere e politica.

Gregorio Porcaro, lei ha fatto dell’impegno civile una missione di vita: come si declina, nella sua concezione, il legame tra la dimensione politica e quella religiosa?
“Provengo dall’esperienza di Brancaccio e lì si intendeva la politica come mero rapporto di convenienza, come un do ut des, i politici che si presentavano dicevano: “Se mi dai il voto, poi ti aiuto o ti faccio queto favore”. Con padre Puglisi abbiamo provato a cambiare tutto questo e noi continuiamo a farlo ancora oggi. Per noi la politica deve essere innanzitutto inserirsi nel sociale: la Chiesa dovrebbe concepire l’impegno politico come servizio alla gente. La politica non è imporre, anzi è ascoltare, è parlare il linguaggio della gente, imparando da tutto questo e concependo le differenze come ricchezza. Eravamo e restiamo ancora assolutamente allergici alla politica clientelare”.

L’esperienza dei “preti di frontiera”, dei sacerdoti che non avevano paura di far sentire la propria voce anche su tematiche scottanti, come quelle politiche, ha lasciato il segno nell’immaginario siciliano del recente passato. Quell’esperienza è ancora viva o è prevalso il disimpegno nei preti siciliani?
“Credo che nella Chiesa siciliana coesistano le due dimensioni. C’è purtroppo una Chiesa che si adegua, che si chiude in se stessa. Ma ci sono anche tante realtà dove si riflette, ci si interroga e si trovano soluzioni. Penso, per esempio, alla bella realtà palermitana della comunità di San Saverio all’Albergheria guidata da Padre Scordato. Purtroppo, però, temo che a Palermo prevalga la realtà del disimpegno e della convenienza”.

Negli ultimi tempi sembra proprio che il voto dei cattolici si sia diversificato, non essendoci più quella forza attrattiva indubitabile che la vecchia DC era in grado di esercitare sul “popole delle parrocchie”. Come sì è evoluto questo rapporto , secondo lei?
“Senza dubbio negli ultimi tempi abbiamo assistito ad una presa di coscienza sempre più forte da parte dei cattolici. La DC era il classico partito che “mangiava e faceva mangiare”. Da quando è crollata i cattolici probabilmente hanno imparato ad interrograsi meglio e di più e a scegliere di conseguenza. Adesso molti cattolici non vanno neppure a votare se non c’è nessuno che li convince, in molti sono disposti a cambiare partito pur di trovare maggiore attenzione per la giustizia sociale, per l’onesta e la legalità. Purtroppo esiste ancora un clientelismo dilagante.”

In settimana il caso del parroco palermitano che avrebbe invitato i fedeli a pregare per il presidente Lombardo e per i suoi guai giudiziari ha suscitato parecchie polemiche. Lei che idea si è fatto?
“Sì,  ho seguito la vicenda e credo che aspettare mezz’ora l’arrivo del presidente, se davvero è andata così, rappresenti una mancanza di rispetto nei confronti del resto dell’assemblea domenicale. Poi questo pregare direttamente per Lombardo, è una cosa che non capisco e che anzi mi dispiace e mi preoccupa”.

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