Comuni a rischio default, Zambuto: "Ecco cosa chiederemo a Roma" - Live Sicilia

Comuni a rischio default, Zambuto: “Ecco cosa chiederemo a Roma”

L'assessore a tutto campo.

Si avvicina pericolosamente alla metà, la pattuglia di Comuni siciliani in default o ipossìa finanziaria, come gamba tarlata che fa saltare, per collasso, tutto il tavolo della spesa pubblica in Sicilia. In ballo milioni e milioni per tutti i servizi pubblici non solo essenziali, “a partire dagli 85 milioni di euro all’anno per la spesa sociale fino al 2030, cifra focalizzata dagli analisti nel caso di mutamento scientifico dei criteri di assegnazione delle somme contese fra regioni ricche del centro-nord e Mezzogiorno”, isole comprese. Marco Zambuto, assessore regionale delle Autonomie locali e Funzione pubblica, ci tiene, a precisare che non si tratta della solita cialoma lamentosa diretta a Roma perché allarghi i cordoni della borsa. Dice a Livesicilia, dopo aver mandato una eloquente missiva con richiesta urgente di incontro ai ministri dell’Economia Daniele Franco, dell’Interno Luciana Lamorgese, e per la Semplificazione e Pubblica amministrazione Renato Brunetta, spiega: “Non si tratta di chiedere nulla che non possa e non debba esserci dovuto, la realtà è che i criteri di assegnazione delle somme sono penalizzanti e illogici. Lo dimostreremo con gli incontri tecnici in programma oggi (venerdì 15 ottobre) e lunedì con l’assessore all’Economia Armao e i funzionari. Relazioni che spiegheranno tutto a tutti”.

Lei ha messo nero su bianco che su 391 Comuni erano solamente 152 quelli che al 15 settembre scorso hanno approvato il bilancio di previsione 2021-2023 e appena 74 quelli che hanno approvato il rendiconto 2020. Cifre ancora più raggelanti degli ultimi report, che ne danno in default o sull’orlo del dissesto 85. Qual è la vostra proposta al governo nazionale?

“Primo punto: la legislazione nazionale degli ultimi dieci anni, concentrata specialmente negli ultimi 5-6, ha imposto la partecipazione dei Comuni al risanamento delle casse pubbliche. Il cosiddetto sistema di armonizzazione finanziaria, unito a questo coinvolgimento, più gli effetti della filosofia di fondo del federalismo fiscale, sono elementi che fanno sì che i Comuni paghino di più, soprattutto al Sud. Non temo di dire che sul piano tributario il concetto federale nella sua attuazione sta mettendo a dura prova il sistema delle autonomie locali e la stessa unità sostanziale del Paese”.

Fondamentale spiegare perché il Sud sarebbe più vessato.

“L’esempio metodologico ormai di scuola è il tema degli asili nido, che vale per tutti gli altri settori. Ha scritto eloquenti articoli e pure un libro-inchiesta cifre alla mano, ‘Zero al Sud’, il giornalista campano Marco Esposito. Viene provato in che termini sperequativi si stanno realizzando le norme: intanto, manca l’indicazione dei livelli essenziali di assistenza, che devono essere uguali per tutti e che sono ancora in fase di definizione dopo circa undici anni. Non basta: viene valorizzato, nella determinazione, per esempio, delle somme destinate a Milano da un lato e a Napoli o Palermo dall’altro, il criterio della cosiddetta spesa storica. Concetto per nulla astruso: se Milano ha un tot di spesa documentata in passato e Napoli o Palermo no, il legislatore ne deduce una conseguenza assurda, come se al Nord vi fosse domanda di quello specifico servizio e al Sud no. Come se dalle nostre parti i bambini, per restare all’esempio, non avessero bisogno di andare all’asilo. E i soldi sono trasferiti solo da una parte, che non è la nostra”.

Come intendete agire?

“Intanto dicendo che questo modo di procedere è in realtà una maniera per nascondere sotto il tappeto il vero nodo, quello della difficoltà di reperire risorse per tutti. Poi, chiedendo con forza che venga messo da parte il criterio della spesa storica sostituendolo con la determinazione matematica dei fabbisogni standard e altre voci, come la capacità tributaria, l’incidenza della condizione di insularità che è valsa il riconoscimento di qualche giorno fa allo stesso Armao. A questo stiamo lavorando con Armao, alle tabelle dei fabbisogni standard dei Comuni siciliani. Non andremo a Roma a mani tese e nemmeno vuote. Un discorso semplice: occorre una base di calcolo oggettiva”.

Fra i Comuni disastrati galleggiano i tre grossi nomi delle metropoli più grandi: Palermo, Catania, Messina. Comuni tutti vittime o qualche cicala, fra stabilizzazioni massive e onerosissimi contratti di servizio con le partecipate?

“Ogni città ha le proprie specificità e i propri problemi, questo è chiaro. Noi come Regione stiamo portando avanti un discorso che non serva solo a tappare i buchi, ma a investire nei servizi nei prossimi decenni”.

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