PALERMO – Giudizio immediato per l’assessore regionale alla Sanità Ruggero Razza e altri due indagati dall’inchiesta sui “dati Covid falsi”.
Razza, tramite i suoi legali, dopo aver ricevuto la richiesta di rinvio a giudizio della Procura di Palermo, ha chiesto di saltare l’udienza preliminare e andare direttamente a processo.
Una scelta prevista dal codice, ma inusuale quando a chiederla non è l’accusa ma l’imputato. L’avvocato Fabrizio Biondo, che assiste Di Liberti, la spiega con l’esigenza “dimostrare subito, in sede processuale,la totale estraneità alle contestazioni”,
Stessa cosa hanno fatto l’ex dirigente del Dasoe, il Dipartimento regionale per le attività sanitarie e osservatorio epidemiologico, Maria Letizia Di Liberti e il direttore del Servizio 4 dello stesso Dasoe, Mario Palermo.
Il processo inizierà il prossimo 10 novembre e la Regione siciliana ha annunciato che si costituirà parte civile contro uno degli assessori in carica della giunta di Nello Musumeci.
Il procuratore aggiunto Sergio Demontis e i sostituti maria Pia Ticino e Andrea Fusco ritengono che sulle piattaforme informatiche regionali e ministeriali, nei mesi scorsi, siano stati caricati dati falsi sul monitoraggio dell’epidemia Covid in Sicilia.
Per gli altri indagati è in corso l’udienza preliminare per decidere se rinviarli a giudizio, come chiede l’accusa, o proscioglierli
Gli altri imputati
Si tratta di Salvatore Cusimano, dipendente dell’assessorato regionale all’Industria e nipote di Di Liberti e da lei chiamato a lavorare al suo fianco; Emilio Madonia, dipendente di una società privata che si occupava della gestione del flusso dei dati sul Covid; Roberto Gambino, dipendente dell’Asp di Palermo e distaccato al Dasoe.
Falso in concorso è il reato che viene contestato a tutti gli imputati. Soltanto per Di Liberti e Madonia c’è anche la contestazione di avere indotto in errore, trasmettendo dati falsi, il ministero della Sanità e l’Istituto superiore di Sanità che classificarono la Sicilia a rischio basso e non moderato nella settimana dal 14 al 20 dicembre.
I dati sui decessi non incideva sulle scelte
Non ci sono i dati sui morti che erano sì sbagliati, ma il cui numero non incideva sulle scelte di politica sanitaria. Il dato sui decessi Covid non compare nel capo di imputazione perché da esso non dipendeva la collocazione delle regioni in una fascia di colore invece che in un’altra a seconda della gravità della situazione pandemica.
La frase sui morti da “spalmare”
Ai decessi faceva riferimento l’assessore Razza quando intercettato parlava di spalmarli. Razza si scusò parlando di “frase infelice”, ora viene confermato che non c’era rilevanza penale in quelle frasi.
Sono altri i parametri su cui si basava l’adozione delle restrizioni. A cominciare dal rapporto fra nuovi contagiati e tamponi eseguiti, e dalle occupazioni dei posti letto.
L’inchiesta partì da Trapani e fu poi trasferta a Palermo per competenza territoriale.