Palermo, dati Covid falsi: il punto sull'inchiesta - Live Sicilia

Caos dati Covid e falsi accertati, ma la Sicilia non era rossa

Le cifre errate sono molte di più di quelle finora emerse
IL PUNTO SULLE INDAGINI
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PALERMO – Ci sono tre punti fermi nell’inchiesta sui dati Covid: nel sistema di caricamento dei dati in Sicilia ha regnato il caos, i falsi sono stati commessi, e sono molti di più di quelli finora noti, la Sicilia comunque non sarebbe finita in zona rossa anche se i dati fossero stati caricati in maniera corretta.

Il lavoro dei consulenti

I consulenti nominati dalla Procura di Palermo hanno analizzato i form, e cioè i fogli digitale dove il Dipartimento siciliano per l’osservatorio epidemiologico caricava i numeri dei tamponi e dei ricoveri per poi spedirli al ministero della Salute e all’Istituto superiore di sanità, cui spettava la decisione finale sulle restrizioni da attuare per frenare l’avanzata del Coronavirus.

Si va da scostamenti di poche decine di tamponi dichiarati in più ai 5.000 del 28 febbraio. Ma sono decine i giorni, fra ottobre 2020 e febbraio 2021, in cui il caos la fece da padrone. La fotografia fornita dalla Regione a Roma e ai siciliani sull’avanzata della pandemia non è stata fedele alla realtà.

Così come non è stato sempre fedele il dato sui ricoverati negli ospedali. In questo caso i falsi riguardano pochi posti letto, al massimo undici in una sola giornata.

Chi sono gli indagati

A ricevere l’avviso di conclusione delle indagini sono sei persone: l’assessore regionale alla Salute Ruggero Razza, l’ex dirigente generale del Dipartimento regionale per le attività sanitarie e osservatorio epidemiologico Maria Letizia Di Liberti, il direttore del Servizio 4 dello stesso Dasoe, Mario Palermo, Salvatore Cusimano, dipendente dell’assessorato regionale all’Industria e nipote di Di Liberti, Emilio Madonia, dipendente di una società privata che si occupava della gestione del flusso dei dati sul Covid, Roberto Gambino, dipendente dell’Asp di Palermo e distaccato al Daso. L’avviso di conclusione delle indagini è il preludio della richiesta di rinvio a giudizio.

Errore di valutazione, ma niente zona rossa

Alla sola Di Liberti, che era il capo del Dasoe, e a Madonia che lavorava al suo fianco, oltre al falso in concorso con tutti gli altri indagati, viene pure contestato di avere indotto in errore il governo nazionale e l’Istituto superiore di Sanità.

Sulla base dei dati non veritieri trasmessi dalla Sicilia il monitoraggio settimanale relativo al periodo 14-20 dicembre 2020 catalogò la Sicilia a rischio basso. La realtà diceva che l’Isola presentava, invece, un rischio moderato. Sarebbe cambiato poco, però, ai fini della colorazione e delle restrizioni da applicare. In ogni caso la Sicilia non sarebbe passata in zona rossa.

Resta da capire perché i numeri furono caricati male. L’assessore Razza ritiene che ci siano divergenze “sul computo dei dati, che non potevano a nostro avviso essere considerati a cadenza giornaliera, come previsto e come nei fatti operato da tutte le altre Regioni”.

Per la Procura, invece, era previsto che venissero caricati giornalmente. Perché non è stato fatto? Certamente ci sono state difficoltà oggettive di ricezione dei dati raccolti in tutta la Sicilia. Solo la discovery degli atti dell’indagine farà emergere la posizione della Procura e, probabilmente, l’esistenza o meno di una precisa volontà di mascherare la realtà.


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