PALERMO – Un nuovo bollettino di guerra dal fronte dell’imprenditoria. I dati raccolti dalla Confartigianato nazionale sulla mortalità e natalità delle imprese artigiane, mostra una situazione di profonda crisi in tutto il paese, ma in Sicilia e nello specifico a Palermo, la situazione si tinge di toni drammatici. In Italia, al terzo trimestre del 2012, il conto di imprese artigiane attive è di 1.440.070 aziende. Le iscrizioni durante i primi tre trimestri del 2012 sono state 82.090 e le cessazioni di attività di impresa dichiarate raggiungo il numero di 96.203. Il saldo negativo tra imprese nate e imprese decedute è dunqua di 14.113 unità.
“Il dato nazionale è preoccupante – spiega Nunzio Reina presidente di Confartigianato e impresa di Palermo – ma se osserviamo quello regionale e nello specifico il dato palermitano, le preoccupazioni per il futuro crescono”. La Sicilia alla fine del terzo trimestre 2012 conta 82.797 imprese artigiane, durante i primi nove mesi dell’anno scorso le imprese nate sono state 4.078, mentre quelle chiuse 4.733. Insomma, un saldo negativo di 655 aziende.
Nel capoluogo siciliano alla fine del terzo trimestre 2012 erano 16.413 le imprese artigiane attive; le iscrizioni al registro delle imprese artigiane di Palermo, durante i primi nove mesi del 2012, sono state 864 e le cessazioni 1.067. Si registra quindi, sulla città di Palermo un saldo di 203 imprese in meno rispetto all’inizio dell’anno. “Il problema che tutte queste imprese abbiano chiuso è la dimostrazione – continua il presidente di Confartigianato Palermo – di una grande difficoltà di reperire investimenti dalle banche e dalle istituzioni, come nel nostro caso specifico siciliano la Crias”.
“Le imprese sono – spiega Reina – l’unica fonte di reddito di uno stato, il governo regionale dovrà aiutare le imprese attraverso uno snellimento della burocrazia e facilitando l’accesso al credito per gli imprenditori che ne faranno richiesta”. Conclude il presidente di Confartigianato: “l’impossibilità di ottenere finanziamenti dalle banche e dalle istituzioni, insieme alla tassazione troppo elevata sull’impresa ed il lavoro – conclude il presidente di Confocommercio – potrebbe generare realtà in cui sarà molto più diffuso il lavoro nero e l’illegalità”.