PALERMO – Il nuovo nomenclatore tariffario, contenuto in un apposito decreto del ministero della Salute che identifica i corrispettivi a carico del servizio sanitario nazionale, sta provocando una vera propria bufera tra i privati convenzionati, che rischia di travolgere anche il pubblico, come sottolinea Elisa Interlandi, presidente nazionale di Anmed: “Gli importi stabiliti per le singole prestazioni specialistiche rischiano di fare fallire tutti”.
Sanità, i guai del nuovo tariffario
Doveva entrare in vigore il 30 dicembre, era stato pubblicato appena tre giorni prima, il 27, scatenando la corsa all’aggiornamento delle aziende sanitarie, ma l’efficacia del provvedimento è stata sospesa in sede amministrativa.
Il 31 dicembre è arrivato un nuovo colpo di scena, con la revoca della sospensione da parte del Tar Lazio, che ha accolto l’istanza di presentata dall’avvocatura dello Stato e annunciato la fissazione della Camera di consiglio del 28 gennaio 2025.
Nomenclatore tariffario, la decisione del tribunale e i problemi
Dal punto di vista pratico, numerose aziende hanno aggiornato i software per la gestione dei nuovi importi, ma poi, dopo pochi giorni, sono state costrette a ripristinare i vecchi parametri di pagamento.
Adesso si attende la Camera di consiglio ma, nel frattempo, imprenditori e manager stanno facendo i conti con le nuove tariffe che “in alcuni casi – spiega a LiveSicilia Interlandi – sono diminuite del 70%”.
Le tariffe e i nodi in Sicilia
La presidente nazionale di Anmed, l’associazione che raggruppa i convenzionati esterni del sistema sanitario, non ha dubbi: “Il ministero vuole utilizzare i nuovi Livelli essenziali di assistenza(Lea) per completare un disegno di risparmio sul servizio sanitario nazionale, anziché aggiornare le tariffe precedenti. In questo modo è stato effettuato un taglio notevole degli importi”.
I convenzionati esterni sono sul piede di guerra, da tempo è iniziata una raccolta di firme, consegnata a parlamentari ed esponenti del governo, ma “le aziende sono in ginocchio, possiamo garantire – insiste la rappresentante dei privati – soltanto le prestazioni per le donne in gravidanza e i malati oncologici”.
I problemi economici
La presidente di Anmed teme non solo per le sorti della sanità privata convenzionata in Sicilia: “Si rischia un default anche del pubblico, soprattutto del pubblico, perché noi privati abbiamo la libertà di scegliere e possiamo non aderire a questo tariffario, ma il pubblico no, perché il cittadino non avrà più erogatori di servizi privati e intaserà le strutture pubbliche, che devono attenersi a cifre di rimborso bassissime”.
Cosa accadrà adesso
Interlandi teme che non sia “più possibile fare investimenti e saremo costretti a fare licenziamenti. Contemporaneamente aumenterà il fabbisogno di prestazioni a carico del pubblico e il rimborso sarà minore”.
Con le prestazioni sanitarie a rischio, la presidente di Anmed conferma che molte strutture potranno garantire soltanto poche prestazioni: “Non possiamo farci carico di una spesa che, fino ad oggi, ci ha consentito di mantenere attivo il sistema sanitario”.