PALERMO – I pronto soccorso siciliani sono in ginocchio. I medici scappano dalle aree di emergenza divenute dei gironi infernali. E i giovani non hanno alcuna intenzione di lavorarci. C’è un vuoto di 372 camici nelle piante organiche. Le strutture sono al collasso. Il Covid ha solo acuito una situazione che va avanti da anni.
Il 18 giugno si sono riuniti i primati dei pronto soccorso siciliani per confrontarsi “sul drammatico momento”. Ne è venuto un documento che fotografa lo sfascio, girato all’assessore regionale alla Sanità, Ruggero Razza. File interminabili e pazienti costretti a rimanere ore in barella: sono l’immagine di una sanità incapace di assistere i siciliani.
Ci vorrebbero 786 medici ed invece in servizio ce ne sono 414, assunti a tempo indeterminato o con contratto a termine.
“Il sistema dell’emergenza negli ultimi 20 anni si è dovuto adattare a nuove esigenze: risposte assistenziali qualitativamente e quantitativamente più elevate – si legge nel documento -. Purtroppo non vi è stato un adeguamento alle nuove esigenze in termini di infrastrutture, di formazione e di risorse organizzative in grado di compensare i tagli, spesso lineari, della spending review”.
I tagli hanno fatto sì che ci si trovi di fronte a “un sistema dell’emergenza-urgenza cronicamente in
affanno, carente di risorse, non in grado di erogare risposte adeguate e per nulla attrattivo per i
giovani medici”. Risultato: i camici bianchi fuggono dai pronto soccorso, i giovani disertano i concorsi a tempo indeterminato banditi.
In Sicilia va peggio che nel resto d’Italia dove mancano oltre 4 mila medici degli 11 mila previsti e al ritmo attuale di 100 dimessi al mese, gli organici saranno abbondantemente al di sotto del 50% entro il 2025.
“Una ricognizione appena effettuata fa emergere dati sconcertanti – scrive ancora il Coordinamento siciliano – in tutti i pronto soccorso si registra una carenza di medici. In alcune realtà è addirittura presente un solo medico strutturato e i turni sono in gran parte coperti da medici dell’Emergenza Territoriale o da medici ‘precettati’ da altri reparti. Nella fuga o nella diserzione dalle aree di emergenza incide soprattutto un carico di lavoro che non ha pari tre le discipline ospedaliere e che peggiora esponenzialmente nelle condizioni di cronico sovraffollamento, condizionando una notevole esposizione degli utenti a livelli di rischio clinico incontenibili con alta probabilità di eventi avversi, anche gravi”.
Il clima si fa pesante nei reparti. La cronaca va di continui aggiornata con casi di aggressioni.
I quaranta firmatari del documento mettono sul piatto delle proposte: mantenere in servizio oltre il 31 dicembre i medici che hanno contribuito a sopperire alle carenze durante la pandemia; favorire il più possibile l’impegno degli specializzandi; modifica transitoria della normativa vigente che consenta anche a chi non ha la specializzazione di accedere al lavoro in pronto soccorso; congrui incentivi salariali; profonda rimodulazione del sistema anche con la chiusura di quei presidi territoriali che non rispondono ai requisiti regionali (3000 accessi annui); precettazione dei medici di altri reparti per la copertura dei turni in pronto soccorso”.
La politica faccia qualcosa. I medici lanciano l’allarme contro lo sfascio. Il Covid è stato il colpo di grazia di una sanità pubblica che mostra il suo volto peggiore nei pronto soccorso.