PALERMO – Quella di Fabio Damiani e Salvatore Manganaro era quasi un’ossessione. Appuntavano ogni cosa, conservavano gli sms, archiviano file e fotografie delle agende, registravano le loro conversazioni con gli imprenditori. Offerte di mazzette incluse.
Quando sono stati arrestati e poi condannati hanno vuotato il sacco, aiutando i pubblici ministeri di Palermo e i finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria a ricostruire la rete degli appalti pilotati in cambio di tangenti, favori e posti di lavoro. E soprattutto hanno guidato gli investigatori a seguire il filo che lega nomi e fatti annotati nelle agende. Ed ecco spiegata la genesi del blitz “Sorella sanità 2”.
La prima gara passata in rassegna dal giudice per le indagini preliminari è quella vinta da Dedalus Italia, in associazione temporanea di imprese con Telecom Italia e Almaviva, “per la realizzazione, gestione e manutenzione full risk del sistema informativo dell’Asp Palermo”. La gara è stata bandita dall’azienda sanitaria ne 2013 e ribandita un anno dopo “un’anomala formazione della commissione aggiudicatrice”. Valore: 12,5 milioni di euro.
Secondo l’accusa, Damiani, che era il presidente della Commissione di gara, avrebbe incassato tangenti per 700 mila euro. “L’unica che veramente non ha dato spine è stata Dedalus… cioè è stata una gara… che abbiamo faticato davanti alla commissione, ti ricordi? Però poi alla fine è finita…”, diceva nel 2018 Damiani a Manganaro, che era il suo imprenditore e faccendiere di riferimento.
Manganaro si rallegrava al cospetto del manager: “Tu eserciti potere… omissis… il fatto che sei sano e salvo… si vivo… non t’hanno pizzicato eh tu so’ cose che dai per scontato…”.
Tutto confermato da Damiani, quando è stato interrogato dai pm: “… sulla gara Dedalus vi fu anche qui una corruzione, diciamo da parte di Manganaro. Quindi era una cosa … perché Giannazzo era ed è una persona molto vicina alla famiglia Manganaro”.
Luigi Gianazzo, 55 anni, di Catania, uno degli indagati, è amministratore delegato della società Dedalus Italia spa ed è indagato per corruzione.
I tre andarono al sodo durante un incontro: “Quando bandimmo la gara e quindi durante i lavori di commissione, io ricordo che una domenica andai a casa di Manganaro in campagna, che poi è casa di Manganaro padre a Canicattì, e lì trovai Giannazzo… uno stretto amico della famiglia Manganaro. E lì si parlò esplicitamente della gara che era in corso e Manganaro mi chiese esplicitamente di favorire “Dedalus”.
Negli incontri successivi spuntarono i soldi: “Quindi Manganaro mi chiamò, io andai, trovai Giannazzo e trovai suo padre e in questa occasione Giannazzo disse esplicitamente che aveva portato del danaro da consegnare ai Manganaro e loro si lamentarono dell’importo, giudicandolo insufficiente. Credo che fossero cinquantamila euro”.
La cifra sarebbe lievitata di parecchio. Nel gennaio 2019 veniva intercettata la conversazione in cui Manganaro riferiva a Damiani che Luigi di Dedalus aveva già corrisposto 700-800 mila euro. Sebbene mancasse ancora un anno rispetto ai tempi previsti per il pagamento dell’intera tangente era stata completata la parte spettante a Damiani, mentre invece Manganaro ancora attendeva il denaro.