ENNA – I silenzi e le sottovalutazioni di chi sapeva e non è intervenuto oppure lo ha fatto in maniera blanda, tanto che una delle vittime delle violenze sessuali di don Giuseppe Rugolo, come ultimo gesto disperato, ha chiesto aiuto al Papa.
Ed ancora i soldi offerti alla vittima (per comprarne il silenzio?) e la recente presenza a Piazza Armerina di don Giuseppe Rugolo che avrebbe colto di sorpresa anche il vescovo.
Ci sono tanti elementi ancora da chiarire nell’inchiesta che ha portato all’arresto (ai domiciliari) del sacerdote. Lunedì sarà interrogato dal giudice per l’udienza preliminare di Enna Maria Luisa Bruno.
La stanza di una scuola, la sagrestia e la canonica della Parrocchia di San Giovanni a Enna, la casa di una parente del sacerdote o in macchina. Le violenze sessuali sarebbero state commesse anche in chiesa e ai danni dei giovani che le famiglie gli affidavano convinti di lasciarli in buone mani.
La prima denuncia nel 2014
Nel dicembre scorso una delle giovani vittime si è rivolto alla polizia. Ha raccontato che già nel 2014 si era confidato con il padre, il quale voleva denunciare tutto subito. Il figlio per pudore decise di non farlo, ma almeno si sarebbero confidati con un altro sacerdote, monsignor Pietro Spina: “Gli raccontai tutto, ma dopo l’incontro, invece di allontanare Rugolo, decise di incontrarlo da solo. Poi, mi offrì un confronto a tre. Rugolo negò tutto, fu un incontro da toni molto accesi. Visto che continuava a negare gli dissi di giurare davanti a Dio e sul santissimo sacramento, ma lui si rifiutò. Alla fine, monsignor Spina appoggiò Rugolo e io venni visto come un visionario, un pazzo che aveva inventato tutto. Credo che per questo, all’epoca, non venne informato neanche il vescovo Michele Pennisi”.
A Spina, per dare prova che le sue non erano fantasie, il giovane disse “che sapevo che lui aveva prestato 50.000 a Rugolo, un dettaglio che poteva fargli comprendere che Rugolo ed io eravamo molto in confidenza tanto avermi raccontato cose delicate”.
Spina avrebbe sminuito la vicenda: “Mi ha detto che visto che entrambi avevamo raggiunto l’eiaculazione per lui non era omosessualità e pertanto non aveva alcuna valenza tanto che potevo anche entrare in seminario”.
La seconda denuncia il giorno del Venerdì Santo
Nel successivo mese di aprile 2015, durante la processione del Venerdì Santo, ha aggiunto il giovane agli investigatori della squadra mobile, incontrò “monsignor Murgano e gli ho confidato quanto mi era accaduto perché non riuscivo a tenere quel peso dentro. Avendo raccontato che mio padre voleva denunciare i fatti alla Procura della Repubblica lui mi consigliò di non procedere e di tentare di dimenticare quanto accaduto al fine di far rimarginare questa ferita e di non informare il nuovo vescovo Rosario Gisana”.
Finalmente si attiva un parroco
Nel maggio 2016 finalmente un parroco, don Giuseppe Fausciana, comprese la gravità della vicenda e avvertì il vescovo, il quale fissò un incontro i genitori del giovane. Ne venne fuori un’indagine ecclesiastica chiusa con nulla di fatto. Molti protagonisti, a cominciare dallo stesso Rugolo, non risposero alla convocazione. Doveva essere una indagine severa ed invece si limitarono a inviare gli atti alla Congregazione per la dottrina delle fede, in Vaticano, che non poté far altro che archiviare. Motivazione: i fatti risalivano a un periodo in cui Rugolo non era stato ordinato sacerdote e dunque la Chiesa non aveva competenza.
L’inchiesta coordinata dal procuratore di Enna Massimo Palmeri al contrario fa emergere storie di abusi sessuali successivi all’avvio del sacerdozio.
Le parole del vescovo
Decisero di trasferire Rugolo a Ferrara affinché venisse curato e seguito da psicologi e altri sacerdoti. La sua “malattia”, però, non è stata segnalata all’autorità giudiziaria. Il vescovo Gisana lo scorso gennaio è stato convocato dai pubblici ministeri ennesi: “All’inizio del mese di novembre 2018 ho convocato Rugolo e con severità gli ho contestato i fatti, alla fine dopo pianti e disperazione Rugolo mi ammise che vi era stato un solo episodio di abuso prima della sua ordinazione, mi parlò di una sola masturbazione durante il Grest”.
Anche il vicario generale Monsignor Antonino Rivoli lo scorso gennaio ha confermato di avere saputo dal vescovo degli abus,i ma “nessuno di noi penso di dover informare l’autorità giudiziaria visto che tali abusi erano stati commessi su minore”.
L’offerta di denaro e la richiesta di aiuto al papa
Nell’ottobre i familiari del giovane avrebbero ricevuto un’offerta di 25 mila con una clausola del silenzio. Da chi è partita l’offerta se davvero è stata avanzata? Da ambienti legati alla Chiesa, ma su questo si indaga ancora. Sta di fatto che la famiglia del ragazzo nella speranza di ottenere giustizia, e come gesto disperato, il 29 ottobre 2020 hanno inviato una lettera raccomandata a Papa Francesco.
Ogni cosa veniva ripercorsa nei dettagli, con nomi e cognomi di chi sapeva ma non era intervenuto. Il giovane ribadiva la sua sofferenza, ma anche il suo sdegno di fronte alle apparizione televisive di don Rugolo che in prossimità della Pasqua, durante il lockdown dell’anno scorso, raccontava la sua esperienza pastorale con i giovani di Enna. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Non si sa cosa sia accaduto a seguito della missiva e se il pontefice l’abbia materialmente letta. Il silenzio hanno convinto il giovane che non gli restava altro da fare che rivolgersi alla polizia.
Gli episodi recenti
Di recente, così è emerso dall’analisi del computer del sacerdote, Rugolo, che “è solito navigare in maniera sistematica e maniacale a qualsiasi ora del giorno e della notte su siti pornografici”, ha avuto rapporti omosessuali con due giovani appena diciannovenni.
Voleva rientrare in Sicilia
La cura, dunque, a cui è stato sottoposto non sarebbe stata efficace. Rugolo a partire dallo scorso gennaio non vedeva l’ora di tornare in Sicilia. Parlando con Spina, il sacerdote con cui si era confidata per prima la vittima, Rugolo diceva che “a maggio devo rientrare perché se c’è una mezza speranza di fare il Grest… io voglio fare il Grest con i ragazzi”. Quando nello stesso mese venne fuori la notizia dell’inchiesta Rugolo chiamò monsignor Murgano: “… per favore chiama il vescovo vedi sapere se sono io, Enzo ti prego fammi questo favore come un fratello”.
L’incontro di poco mesi fa e il “vescovo non ne sa niente”
E poi, sempre a gennaio, c’è una conversazione da cui emergerebbe che, nell’attesa del tanto agognato rientro definitivo, malgrado l’esilio a Ferrara per curarsi, Rugolo è tornato a Enna per partecipare alle attività giovanili della diocesi.
Monsignor Rivoli, vicario del vescovo, si rammaricava del fatto che Rugolo “non ha saputo essere fedele al mandato… lui era lì ma ha continuato ad essere qui e il danno è stato proprio questo”. Non solo, “nella sua stupidità ha coinvolto anche il vescovo senza che il vescovo ne fosse al corrente”. Gisana aveva organizzato una catechesi a un gruppo di giovani e “durante il gruppo di giovani spunta lui”.