Seconda edizione per Slow Christmas, in scena presso l’Osteria di Cantine Nicosia, domenica 11 dicembre.
Il pranzo prenatalizio di Slow Food Catania ha proposto, quest’anno, un tema singolare e ricco di un fascino intramontabile: la cucina dei Monsù.
Si racconta che Maria Carolina d’Austria, sorella di Maria Antonietta, quando sposò Ferdinando I di Borbone, sovrano del Regno delle Due Sicilie, insistette con forza affinché la sorella le inviasse i suoi amati e raffinati cuochi francesi. Tra le nobili famiglie del Sud Italia divenne consuetudine la presenza in cucina di una nuova figura professionale: il Monsù. Il nome deriva dal francese “monsieur”, cioè “signore”. Fu proprio questa figura a consolidare, fra Settecento e Ottocento, la grande cucina baronale. Da qui il titolo proposto in occasione della festa da Cantine Nicosia, a Trecastagni, “A pranzo con l’aristocrazia siciliana”.
Un intreccio tra presente e passato, realtà e fantasia, sapori antichi e memorie letterarie imperiture. Così Slow Food Catania e Cantine Nicosia ci hanno catapultato all’interno del celebre capolavoro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, “Il Gattopardo”.
L’Etna, sua maestà, ad omaggiare dall’alto i commensali, l’atmosfera calorosa e conviviale dell’Osteria, una tavola elegante e raffinata, i capolavori musicali del maestro Nino Rota. Una giornata all’insegna dell’ospitalità, dell’autenticità siciliana, della cultura del buon bere e del cibo “buono, pulito e giusto”, per usare le parole di Anastasia De Luca, fiduciario della condotta Slow Food Catania.
Squisitamente centrati gli abbinamenti cibo – vino, con le etichette di Cantine Nicosia, alcune delle quali selezionate dalla guida Slow Wine, e la cucina dello chef di casa, Angelo Cinquerughe. Una sfida non semplice per lui: realizzare antiche ricette di grande complessità e, certamente, di non facile interpretazione. Sorprendente il risultato. Dalle sarde a beccafico con nuvoletta di merluzzo alla carne “agglassata” con gateau di cavolfiori serviti, rispettivamente, con “Sosta Tre Santi” Carricante Brut e “Vulkà” Etna Rosso Doc. Protagonista assoluto il “Timballo del Gattopardo”.
“L’oro brunito dell’involucro, la fragranza di zucchero e di cannella che ne emanava, non era che il preludio della sensazione di delizia che si sprigionava dall’interno quando il coltello squarciava la crosta: ne erompeva dapprima un fumo carico di aromi e si scorgevano poi i fegatini di pollo, le ovette dure, le sfilettature di prosciutto, di pollo e di tartufi nella massa untuosa, caldissima dei maccheroni corti, cui l’estratto di carne conferiva un prezioso color camoscio.”
Così, come Tomasi di Lampedusa ci fa assaporare quasi fisicamente la pietanza che rievoca nella descrizione del pranzo a Donnafugata, con la stessa efficacia lo chef Cinquerughe è riuscito a rievocare odori e sapori di un piacere intenso, avvolgente, opulento. La memoria come volàno di piacere, convivium e cultura. A impreziosire l’ensemble gustativo del Timballo un magnifico Etna Bianco Doc: Vecchie Viti 2018.
Ciliegina sulla torta: la realizzazione dal vivo della cassata siciliana, ad opera del maestro pasticciere Giuseppe Cosentino. Il tributo finale al gusto barocco della cucina siciliana che questa giornata ha voluto celebrare.