Soldi, scorta, maxi parcelle: cosa ha retto e cosa no al processo Saguto

Soldi, scorta, parcelle: cosa regge e cosa no al processo Saguto

Il verdetto di Caltanissetta ai raggi X

PALERMO – La condanna per Silvana Saguto è arrivata ieri per 16 dei 50 capi di imputazione per i quali era finita sotto processo. Le ipotesi di corruzione, concussione, falso e abuso d’ufficio reggono in tanti casi, ma in altri no, mentre è caduta la contestazione di associazione a delinquere. Così come non ha retto al vaglio del Tribunale il capitolo sull’uso disinvolto della scorta.

Fra le corruzioni per le quali Saguto è stata condannata c’è quella che portò all’assunzione di Mariangela Pantò, allora fidanzata del figlio Francesco Caramma, nello studio di Walter Virga, nominato amministratore giudiziario in importanti procedure.

Regge anche il patto corruttivo che si sarebbe basato sulla nomina di Gaetano Cappellano Seminara in diverse procedure in cambio di consulenze per il marito e ingegnere Lorenzo Caramma.

Le nomine riguardavano le procedure “Salvatore Sbeglia”, Francesco Paolo Sbeglia”, “Bordonaro”, “Maranzano”, “Spadaro”, “New Port”, “Abate” e “Ponte”. Sono solo alcuni procedimenti decisi dalla sezione Misure di prevenzione un tempo guidata da Saguto. Procedimenti che riguardavano il il sequestro di beni ai mafiosi oppure a imprenditori sospettati di avere goduto in qualche modo dell’appoggio della mafia. Per alcuni alla fine è arrivata anche la restituzione perché il sospetto non è stato riscontrato.

Nel patto corruttivo sarebbero rientrati i compensi liquidati all’avvocato Cappellano Seminara, tra cui i cinque milioni di euro per la gestione dei beni dei fratelli Sansone e i 900mila euro per la clinica Villa Santa Teresa di Bagheria confiscata a Michele Aiello (Cappellano Seminara era consulente e secondo l’amministratore giudiziario Andrea Dara il compenso congruo era la metà di quanto venne liquidato).

La corruzione regge anche per il patto che Saguto avrebbe siglato con Carmelo Provenzano e Nicola Roberto Santangelo, nominati amministratore giudiziari e consulenti nelle procedure “Dolce”, “Raspanti”, “Acanto”, “Ingrassia” e “Virga”. Santangelo avrebbe anche assunto persone segnalate da Provenzano, tra cui la stessa moglie del professore della Kore di Enna, Maria Ingrao. Di mezzo ci sarebbe stata anche una dazione di 15 mila euro in contanti.

In cambio Saguto avrebbe ottenuto la tesi di laurea per il figlio scritta da Provenzano, cassette di frutta coltivate nell’azienda amministrata dal professore della Kore e il pagamento del rinfresco per la festa di laurea del figlio dell’ex magistrato.

Regge anche la corruzione legata alla nomina ad amministratore di Giuseppe Rizzo, sponsorizzato dal colonnello della Dia Rosolino Nasca. In cambio Saguto avrebbe ottenuto la promessa che Rizzo avrebbe fatto lavorare Lorenzo Caramma, marito del giudice, nell’amministrazione dei beni Virga.

Ed ancora la condanna è arrivata per la rivelazione di segreto di ufficio che Silvana Saguto avrebbe commesso raccontando a Rosolino Nasca, al professore Costantino Visconti e a Walter Virga che esisteva un’indagine in corso e che era partita proprio dalla gestione di Virga della concessionaria Nuova Sport Car della famiglia Rappa.

Altro filone che ha portato alla condanna sono le concussioni nei confronti di Alessandro Scimeca, amministratore giudiziario dei supermercati Sgroi e dell’Abbazia Sant’Anastasia. Nel primo caso Saguto avrebbe fatto la spesa accumulando un debito di 13mila euro (saldato solo dopo che scoppiò lo scandalo) e nel secondo avrebbe fatto assumere Richard Scammacca, su segnalazione dell’ex prefetto prefetto Francesca Cannizzo che risponde di concorso nella tentata concussione.

Tra le ipotesi che non hanno retto c’è il capitolo dell’abuso di ufficio contestato in concorso con il giudice Tommaso Virga, padre dell’avvocato Walter (Tommaso Virga è già stato assolto per gli stessi fatti in primo grado e in appello). L’accusa sosteneva che Virga fosse stato nominato nelle procedure Rappa e Bagagli, nonostante il giudice dubitasse delle sue reali capacità, solo per compiacere il padre Tommaso Virga, da cui si attendeva un aiuto al ministero e al Csm.

Non hanno retto una serie di falsi che, secondo i pm, avevano dato vita ad altrettanti peculati. Assoluzione piena anche per la concussione commessa ai danni di altri amministratori giudiziari, fra cui quello dei negozi Niceta, Aulo Gigante, affinché assumesse il figlio della cancelliera Dorotoea Morvillo.

Nulla di fatto e assoluzione per il capitolo sull‘utilizzo disinvolto della scorta. Secondo l’accusa, Saguto utilizzava la macchina blindata e gli uomini della tutela come taxi e autisti privati per sbrigare le più curiose faccende, come comprare prodotti cosmetici o ritirare le camicie in lavanderia. Sono episodi realmente accaduti, ma non si configura l’abuso d’ufficio.


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