PALERMO – Le condanne diventano definitive. E alcune sono pesanti. Sotto processo in Cassazione c’erano gli uomini dei clan di Porta Nuova e Bagheria. A cominciare dal reggente del potente mandamento palermitano, Paolo Calcagno, e Teresa Marino, moglie del boss detenuto Tommaso Lo Presti.
Dalla cella partivano le direttive, veicolate dalla donna, la cui voce era autorevole anche nella gestione dei traffici di droga e delle estorsioni. I carabinieri del Nucleo investigativo avevano bloccato due corrieri in Argentina e Francia, partiti per conto dei boss.
Le uniche novità riguardano gli imputati per cui è caduta l’aggravante del comma sesto del 416 bis (che riguarda il finanziamento di attività economiche con denaro di provenienza illecita) ed è arrivata una riduzione di pena: Paolo Calcagno e Domenico Tantillo 12 anni ciascuno, Giampiero Pitarresi 10 anni 8 mesi, Salvatore Mulè 10 anni, Giuseppe Di Cara e Giuseppe Ruggeri 9 anni e 4 mesi ciascuno, Rocco Marsalone 9 anni, Carmelo D’Amico 8 anni 8 mesi, Salvatore David, Francesco Paolo Desio, Bartolomeo Militello e Antonino Virruso 8 anni e 4 mesi ciascuno, Teresa Marino e Francesco Paolo Lo Iacono 8 anni, Alessandro Bronte 8 anni, 10 mesi e 20 giorni.
Erano difesi dagli avvocati Giovanni Castronovo, Angelo Formuso, Giuseppe Farina, Rosanna Vella, Michele Giovinco, Filippo Gallina, Debora Speciale, Giuseppina Candiotta, Angelo Barone, Raffaele Bonsignore, Antonio Gargano, Claudio Gallina Montana, Giovanni Mannino.
Annullato con rinvio per Massimiliano Restivo limitatamente all’attenuante della dissociazione e per Teresa Marino limitatamente alla sanzione accessoria della sospensione dell’esercizio della potestà genitoriale per un nuovo giudizio sul punto.
Lo Presti e Calcagno, che fino al blitz era un insospettabile commerciante di pesce surgelato all’ingrosso, hanno lavorato fianco a fianco. Poi, quando il primo è finito in cella, il secondo ne prese il posto. E poi c’era il capitolo bagherese dell’indagine. In particolare, le indagini si concentrarono sul clan di Villabate, guidato da Giampiero Pitarresi.
Ecco l’elenco degli altri imputati e le pene anche per loro definitive: Tommaso Catalano (7 anni e 8 mesi), Pasquale Di Salvo (il collaboratore ed ex autista di Giovanni Falcone ha avuto 5 anni e 6 mesi. Dopo l’arresto ha collaborato con i magistrati, Nunzio La Torre (7 anni), Andrea Militello (2 anni e 4 mesi ), Antonino Salerno (5 anni), Ludovico Scurato (5 anni e 4 mesi), Giuseppe Tantillo (5 anni grazie all’attenuante prevista per i collaboratori di giustizia), Andrea Militello (2 anni e 4 mesi), Angelo Mendola (6 anni), Antonino Abbate (6 anni), Salvatore Ingrassia (16 anni e 10 mesi, in continuazione con una precedente condanna), Giuseppe Minardi (5 anni), Gaspare Parisi (13 anni e 6 anni in continuazione con una precedente sentenza, torna in carcere per scontare gli ultimi due anni), Vincenzo Vullo (8 anni, ma in continuazione con una precedente condanna e anche lui sarà arrestato), Maria Rosa Butera (1 anno, titolare del “Lido Battaglia” di Isola delle Femmine, era imputata di favoreggiamento per avere negato di avere subito richieste estorsive), Francesco Terranova (5 anni e 4 mesi).
Gli imputati sono stati condannati al risarcimento delle parti civili, tra cui il Centro studi Pio La Torre (rappresentato dagli avvocati Ettore Barcellona e Francesco Cutraro), Libero Futuro, Associazione Libero Grassi, Sos Impresa, Solidaria, Associazione vittime dell’estorsione, Confcommercio, Confesercenti, Fai, Addiopizzo, Confindustria, Associazione Antonino Caponnetto, i comuni di Villabate, Casteldaccia e Isola Delle Femmine, e alcuni imprenditori che si ribellarono al racket fra cui Gianluca Maria Calì, titolare della Calicar di Altavilla Milicia.