CATANIA – Prime battute d’avvio per il processo d’appello sulla sparatoria di Librino. Nell’udienza di ieri, 18 luglio, un nuovo collegio si è riunito per giudicare otto persone, tutte ritenute parte del clan dei Cursoti milanesi, per il ruolo avuto nello scontro a fuoco con il clan Cappello che portò alla morte di due persone.
Le prime richieste
Il processo si apre con la decisione della corte di sospensione dei termini di custodia cautelare per la complessità del dibattimento e con l’annuncio delle istanze di concordato in appello avanzate da Martin Carmelo Sanfilippo, Michael Agatino Sanfilippo e Davide Agatino Scuderi, che nel corso del processo di primo grado sono diventati collaboratori di giustizia.
Il concordato in appello prevede che le parti, dunque i pubblici ministeri e gli imputati, dichiarare di concordare sull’accoglimento dei motivi di appello, con rinuncia agli altri eventuali motivi. Se i motivi dei quali viene chiesto l’accoglimento comportano una nuova determinazione della pena, si indica al giudice la nuova pena su cui si è d’accordo.
Nella prima fase dell’udienza il procuratore generale Andrea Ursino, affiancato dal pm Alessandro Sorrentino, chiede anche di acquisire la sentenza del maggio scorso su Salvatore Chisari, che riguarda gli stessi fatti di sangue.
La relazione
L’udienza poi passa alla relazione sul processo di primo grado e sui diversi appellanti, letta in aula dalla presidente del collegio Giuliana Fichera. Nella prima parte la relazione riassume le indagini sui fatti di sangue dell’agosto 2020: il pestaggio in via Diaz, la spedizione punitiva dei Cappello, le due auto dei Cursoti e l’incontro in viale Grimaldi, con lo scontro a fuoco in cui morirono Luciano D’Alessandro e Vincenzo Scallia.
Per lo scontro a fuoco furono condannati, nel luglio 2023, Carmelo Distefano e Roberto Campisi a 20 anni di carcere. Condannati a 16 anni Davide Agatino Scuderi e i due fratelli Martino Carmelo Sanfilippo e Michael Agatino Sanfilippo, mentre furono assolti Santo Trigomi, Rosario Viglianesi e Giovanni Nicolosi. Tutte persone imputate nel processo d’appello.
L’appello di Distefano e di Campisi
Nella relazione letta dalla presidente della corte sono contenuti anche i motivi di appello di Distefano e Campisi. Entrambi contestano le affermazioni fatte dai pentiti che li collocano sul luogo del deliltto, e più in generale sostengono che i due fratelli Sanfilippo e Scuderi avrebbero agito in accordo per dare la responsabilità a Distefano e Campisi e sfruttare i privilegi riservati ai collaboratori di giustizia.
In più Distefano contesta l’esclusione come testimone durante il processo di primo grado di Giuseppe Scuto, agente di Polizia che la sera della sparatoria vide Distefano firmare al commissariato di Nesima, neanche un’ora dopo lo scontro a fuoco. La richiesta di Distefano è di sentire Scuto come testimone.
Ancora, Distefano chiede una perizia sul video che fu girato in viale Grimaldi, per stabilire se sia effettivamente lui una delle persone riprese nei pressi di una Panda durante la sparatoria.
La tensione in aula
Un piccolo momento di tensione è arrivato quando Campisi, in videocollegamento dal luogo in cui è recluso, ha chiesto di fare dichiarazioni spontanee. Durante il processo di primo grado sia Campisi che Distefano hanno fatto spesso la stessa richiesta, intervenendo in aula soprattutto per contestare le dichiarazioni dei collaboratori.
Campisi ha preso parola e si è dichiarato “infastidito dai pm”. Parlando del concordato, Campisi ha detto con rabbia che “i pubblici ministeri in primo grado hanno chiesto l’ergastolo e nel concordato arrivano a 16 anni”. A questo punto si sono alzati contemporaneamente uno dei Pm e l’avvocata di Campisi, presente in aula. La presidente è intervenuta per calmare Campisi e permettergli di concludere.