PALERMO- Anche dall’altra parte del nostro orizzonte, c’è una mamma che non può darsi pace. Si chiama Elsa Tavella, suo figlio, Francesco Vangeli, 26 anni (nella foto), secondo la cronaca fin qui disponibile, fu ucciso e messo in un sacco per essere gettato nel fiume Mesima, in Calabria. Una storia atroce che vede un processo per cui, a breve – come ha raccontato Francesca Comito, il legale che assiste la signora Elsa – dovrebbe esserci una sentenza. Nel giugno scorso, su una spiaggia calabrese, un corpo è stato ritrovato. Ed è in questo punto che il dolore delle madri si incrocia. Ci sono degli accertamenti in corso: quel corpo potrebbe appartenere a Vito Lo Iacono, il giovane comandante del peschereccio ‘Nuova Iside, orgoglio della marineria di Terrasini, affondato in un naufragio di cui si occupa, ovviamente, un’inchiesta; le spoglie di Matteo Lo Iacono, il padre, e di Giuseppe Lo Iacono, il cugino, sono tornati all’abbraccio dei loro cari. Vito, invece no. Forse è rimasto laggiù, nella profondità del mare, o forse quei resti sono proprio suoi.
Quel corpo potrebbe essere ciò che rimane di Francesco Vangeli, così sostiene con forza sua madre. Quel corpo potrebbe riflettere l’identità di qualcuno, destinata per sempre all’anonimato. Qualche mese fa, Rosalba Cracchiolo, mamma di Vito e moglie di Matteo, ha affrontato il test del Dna. Il suo avvocato, Aldo Ruffino, ha presentato un’istanza per conoscere gli esiti. Un’altra istanza è stata presentata dall’avvocato Comito. In mezzo scorre il fiume di un inconsolabile tragedia.
“Quel corpo è di mio figlio”
“Tiriamo avanti, cerco di resistere”, dice mamma Elsa al telefono. La sua voce ha un peso enorme, per la mutilazione e per la mancanza di spoglie su cui piangere. “Sì, io penso e spero che quel corpo sia di Francesco – dice la signora Elsa – perché dalle foto ho notato la statura e la corporatura. Ma questa non è certo una gara con Rosalba, abbraccio il suo dolore perché so com’è. Siamo due madri che aspettano una risposta”.
No, non è una sfida. Siamo nel lutto più grande che c’è: la perdita di un figlio. E, per avvertire il pozzo nero dei sentimenti, basta chiudere gli occhi, fermarsi un momento, immaginare come ci sentiremmo nel volere disperatamente qualcosa, una tomba, su cui piangere, appesi al filo dell’incertezza. È un’attesa che marchia da due anni il cuore di Elsa e dal maggio scorso il cuore di Rosalba.
“Un figlio esce da casa – continua la signora Tavella – e non torna più. E non puoi nemmeno portargli un fiore. Rosalba mi ha contattata su Facebook, abbiamo parlato l’altra sera. C’è una grande confusione e un immenso smarrimento. Siamo due mamme, come dicevo. Io non smetterò di lottare per Francesco che era un ragazzo solare, buono, di grande umanità. Amava la vita, amava gli amici. Forse era davvero troppo buono”.
Vito, l’ultima speranza
Vito Lo Iacono era un ragazzo buonissimo. “Era un pescatore nell’anima”, come ha raccontato Giovanna Leone, la sua compagna di viaggio. Era giovane e con la perseveranza di un saggio. Chissà se è il mare che ti insegna come governare la rotta, anche nella tempesta. Il relitto del ‘Nuova Iside’ non è stato mai recuperato, nonostante gli auspici e le parole della politica portate via dal vento. C’è una famiglia che, da quel maggio, non vive più. C’è un cane, il piccolo e dolce Niku, che ogni sera guaisce perché il suo amico non torna a casa. E c’è una madre con il suo orizzonte di lacrime. C’è una madre, nella risacca del suo tormento, da questa parte del mare.