PALERMO – Con un pranzo in un ristorante catanese si tentò di infoltire il gruppo parlamentare. Strategie politiche, a spese dell’Ars. L’obiettivo dichiarato, e messo a verbale da Michele Cimino, era quello di “convincere un amico parlamentare (il cui nome non è dato sapere ndr) a transitare in Grande Sud”. C’è anche questa voce fra quelle contestate dalla Procura della Repubblica nell’inchiesta sulle cosiddette “spese pazze” dei gruppi parlamentari dell’Assemblea regionale siciliana nella scorsa legislatura.
L’onorevole che portò avanti la trattativa fu Cimino. È stato lui, assieme ad altri politici, attuali come nel suo caso o ex, a chiedere nei mesi scorsi di essere sentito dai magistrati per chiarire il fatto che tutte le spese erano lecite perché funzionali al corretto svolgimento del lavoro del gruppo. Nessuno di loro avrebbe mai speso un solo euro per fini privati.
Nel caso di Cimino non convincono, fra gli altri, i 634 euro di spese per ristoranti. “La provincia di Catania non aveva esponenti all’interno del Gruppo – si è difeso Cimino, indagato assieme ad altre 80 persone – quindi ho organizzato un pranzo al ristorante ‘La Siciliana’ di Catania”. L’obiettivo non fu centrato. L’ospite, infatti, non si lasciò convincere. Inutile sperare di conoscerne l’identità. “Non intendo dichiarare chi era tale deputato”, ha detto Cimino.
Di altre cene si fa menzione nelle carte sequestrate dalla guardia di finanza nell’ambito dell’inchiesta su cui i pubblici ministeri Maurizio Agnello, Luca Battinieri e Sergio Demontis faranno a breve il punto. Bisogna decidere cosa fare dell’enorme materiale raccolto. Non tutte le spese sono uguali agli occhi degli investigatori. I casi vanno valutati uno per uno per inquadrarli, o meno, alla voce finalità politiche. Senza finalità politiche, e soprattutto senza pezze d’appoggio che le giustifichino, le spese, infatti, sarebbero illegittime. Nel fascicolo dei pm oltre ai costi dei dipendenti dei gruppi (è la voce più corposa), sono finiti pure scontrini e fatture per gelati, mance, regali di nozze, borse, cravatte e feste di capodanno. Tutti gli indagati finora sentiti si sono giustificati facendo rientrare le pese sostenute nell’alveo dell’attività istituzionale. E così, secondo Cimino, “la ricevuta relativa al ristorante ‘Lo Strascino’ riguarda un pranzo che ho fatto prima di partire per una manifestazione a cui ho partecipato per il gruppo parlamentare”. Stessa cosa per “la ricevuta del ristorante Ariston e i biglietti aerei riguardano un viaggio che ho fatto per incontrare l’avvocato Cannella che ha rapporti con esponenti dell’Università cattolica di Milano. Il mio intento era quello di trovare appoggio per l’iniziativa riguardante l’art. 36, comma 2 dello Statuto”. Poche centinaia di euro furono spese per le ricerche necessarie alla pubblicazione del libro scritto da Cimino, a quattro mani con la giornalista Rossana Restivo, dal titolo “La Sicilia prima di tutto”. “E’ un’iniziativa voluta da tutti i componenti del Gruppo – ha spiegato Cimino – per far conoscere la nostra attività legislativa. Non ho guadagnato nulla dalla vendita di tale libro”.
Tra chi ha chiesto di essere interrogato c’è anche Giuseppe Cipriani. Gli viene contestato di avere “richiesto ed ottenuto indebitamente”, dal Gruppo dell’Udc allora guidato da Giulia Adamo, pure le indagata, un contributo di mille euro per la campagna elettorale alle amministrative di Corleone. Cipriani si è detto sorpreso nell’appurare che a contribuire era stato il gruppo e non l’onorevole Salvatore Lentini, da lui designato come assessore in caso di elezione: “Mi accorgo solo ora che il mio dante causa sarebbe stato il gruppo parlamentare Udc e non l’onorevole Lentini, come credevo”.
Anche Marco Forzese, pure lui dell’Udc, ha chiesto di essere sentito. Fra le spese che gli vengono contestate ce n’è una di 150 euro appena, ma inserita in un prospetto riepilogativo dall’inquietante dicitura “maneggio politco”. Si trattava di “un convegno sul tema attinente l’immigrazione, di carattere regionale, organizzato dal gruppo al Comune di Mineo”, ha detto Forzese.
A Baldo Gucciardi, attuale capogruppo del Pd, i pubblici ministeri contestano “il pagamento ovvero il rimborso di spese, indebitamente sostenute attraverso l’utilizzo di fondi attinti dal contributo unificato del Gruppo, definite come iniziative politiche ma, di fatto, attinenti pasti consumati presso ristoranti vari, per l’importo complessivo di euro 1.365. euro”. Gucciardi ha spiegato che si trattava, in particolare, del conto al ristorante “Il Castello di Salemi”. Anche questo, però, ebbe una finalità politica. “Eravamo in concomitanza con l’approvazione della legge di stabilità- ha spiegato Gucciardi -. Pertanto il gruppo ha organizzato una iniziativa politica cui hanno partecipato amministratori locali dell’intera provincia nel corso della quale sono stati illustrati i risultati conseguiti dal gruppo con l’approvazione di tale legge”.
Spese ingiustificate sarebbero pure quelle contestate ad Antonino Scilla, allora iscritto a Futuro e Libertà: 353 euro per un viaggio a Pantelleria di due persone che, ha detto l’ex parlamentare, “collaboravano, non so con quale modalità, con il gruppo”. Meno dubbi ha dimostrato di avere sulle finalità politiche: “Il viaggio si riferisce ad un’iniziativa politica parlamentare relativa ai collegamenti con le isole”. I soldi erano registrati alla voce “spese elettorali”, anche se per stessa ammissione di Scilla “è un modo di dire improprio che non si riferisce effettivamente ad una mia campagna elettorale”.
Infine anche Gaspare Vitrano ha voluto spiegare ai pm la “correttezza” del suo operato. Ingiustificate sembrano, agli occhi dei magistrati, due spese rispettivamente di 650 e 100 euro. I primi servirono, ha detto l’ex onorevole, per pagare l’Irap non versata dal precedente gruppo e per la quale al Pd era stato notificato un avviso dell’Agenzia delle Entrate. I secondi, invece, servirono per sostenere le spese di alcuni operai dello stabilimento Fincantieri di Palermo “per una manifestazione nazionale” a Roma.