PALERMO – Quasi un anno di stop and go, di accelerazioni improvvise e di brusche frenate. Tutto questo fino alla lente d’ingrandimento della procura della Corte dei conti. Quella del palazzo ex Sicilcassa di via Cordova, a Palermo, è la storia di come un possibile buon investimento, con vantaggi economici per la Regione, possa trasformarsi in un boomerang proprio perché questa mossa non è stata fatta.
L’indagine della procura della Corte dei conti
La procura della Corte dei conti, diretta da Pino Zingale, sospetta che dietro alla mancata vendita dell’immobile alla Regione (oltre ventimila metri quadrati in una delle zone migliori di Palermo) ci sia un danno erariale. La guardia di finanza ha acquisito una serie documenti sulla operazione che da un anno è in rampa di lancio, ma che alla fine sembra sfumata.

Palazzo ex Sicilcassa, la storia inizia nel 2024
Due i tentativi del governo guidato da Renato Schifani di effettuare un investimento che in meno di venti anni sarebbe stato ‘digerito’ in base ad un preciso piano di ammortamento e che in futuro avrebbe iniziato a dare i suoi frutti. Taglio delle spese e nuovi introiti per le casse regionali: era questo l’obiettivo di Palazzo d’Orleans e dell’assessorato all’Economia.
La storia iniziata nell’ottobre 2024, quando LiveSicilia rivelò l’intenzione della Regione di acquistare il palazzo di Palermo dove hanno sede la procura generale e la Sezione giurisdizionale d’appello della Corte dei conti, giunge fino al 23 luglio di quest’anno. In quella data il proprietario dell’immobile, il Fondo pensioni ex Sicilcassa, comunica di avere accettato l’offerta di un privato per 13,5 milioni di euro.
I privati sarebbero i costruttori Rappa e Angilella. Le parti firmano anche un preliminare di vendita nel quale, però, si dà tempo alla Regione Siciliana di esercitare una sorta di diritto di opzione e formalizzare l’acquisto dell’immobile entro il 15 agosto. Il tempo è scaduto e anche l’ultimo tentativo, nell’ambito della manovra-ter approvata recentemente da Sala d’Ercole, è caduto sotto ai colpi dei franchi tiratori.
L’opzione era di natura lievemente diversa rispetto a quella di un anno fa. Nell’ottobre 2024, infatti, la Regione, e in particolare l’assessorato all’Economia guidato da Alessandro Dagnino, puntava ad acquistare direttamente il palazzo per ridurre le locazioni passive e “migliorare – si leggeva nella norma ad hoc della manovrina 2024 – la distribuzione logistica degli uffici regionali”. Per l’operazione veniva autorizzata una spesa di 12,5 milioni di euro: a conti fatti, la Regione avrebbe pagato 625 euro a metro quadro.
Palazzo ex Sicilcassa, l’investimento
Un investimento decisamente conveniente dal momento che l’affitto del palazzo ex Sicilcassa, che ospita anche gli uffici del call center Almaviva, costa alla Regione 730mila euro all’anno. Un canone che riguarda cinque degli undici piani dell’immobile occupati dai giudici contabili, le cui spese competono all’amministrazione regionale. Il risparmio dell’affitto avrebbe consentito alle casse regionali di rientrare dall’investimento in meno di venti anni (spese di manutenzione comprese). Tutto questo senza considerare gli affitti che Palazzo d’Orleans avrebbe potuto risparmiare da altri uffici.
Il primo ‘no’ dell’Ars
Il piano, però, saltò alla prima prova dell’Aula. Le tensioni generate dalla norma indussero il governo a ritirare la proposta nel 2024, in attesa di studiare un piano alternativo. A dicembre la giunta Schifani tira dritto sulla vicenda e decide di procedere con l’acquisto dell’immobile attraverso il Fondo pensioni dei dipendenti regionali. A questo punto nasce una contrapposizione con i sindacati, che temono per la tenuta dei conti del Fondo.
Entra in gioco il Fondo pensioni della Regione
Nel febbraio del 2025 i rappresentanti dei lavoratori scoprono il tentativo in prima commissione Ars di ridurre da quattro a uno i componenti del Consiglio di indirizzo e vigilanza del Fondo pensioni. L’assessore alle Autonomie locali Andrea Messina interviene parlando di “un errore” nella predisposizione di un emendamento assicurando che l’intenzione era quella di “ampliare, e non ridurre, la presenza dei rappresentanti dei sindacati all’interno dell’organismo”.

Il tira e molla giunge fino al dibattito sulla manovra ter degli ultimi giorni. Il governo regionale, profondamente convinto della bontà dell’operazione, ci riprova ma trova ancora un volta un muro da parte dell’Ars: Sala d’Ercole approva un emendamento soppressivo dell’articolo che prevedeva l’acquisto dell’ex palazzo ex Sicilcassa da parte del Fondo pensioni.
L’epilogo e l’inchiesta
Nel frattempo il calendario scorre e si va oltre il 15 agosto, data che decreta così il definitivo addio ad una operazione che avrebbe avuto un valore immobiliare da 1,4 milioni di euro all’anno. Secondo i calcoli di chi ha lavorato al dossier, l’ammortamento dell’operazione sarebbe avvenuto in 18 anni. Trascorso questo periodo, con la Regione di fatto inquilina del Fondo pensioni, quest’ultimo ne avrebbe beneficiato irrobustendo il proprio bilancio. Una lunga scia di periodi ipotetici per ciò che avrebbe potuto essere e che non è stato. Saranno i giudici ad accertare l’eventuale danno erariale.

