Le storie del Covid emergono con la lentezza che il dolore richiede. Non è semplice e non è immediato trasformare le lacrime in parole. E possono volerci anni. Perché il dolore delle lacrime, nella chimica dei sentimenti, richiede una sopravvenuta solidificazione. Non puoi fermarlo, se è ancora allo stato gassoso, se ti attraversa e sei inebetito dalla sua sostanza.
Come questa storia che si raccontava tra i padiglioni dell’Hub vaccinale della Fiera del Mediterraneo, stamattina. La raccontavano i dottori che vanno in giro, di quartiere in quartiere per vaccinare. Un uomo, a Palermo, dalle parti di via Nina Siciliana, con la sua bancarella di ambulante. Si vaccina e mentre gli praticano la somministrazione dice: “Mia mamma è morta di Covid in un mese. A chi c’iera a chi un c’iera chiù. Vaccinate tutti, vaccinatevi tutti. Chi non c’è passato è fortunato a essere ancora in tempo”. E c’erano lacrime, certo. Da una parte il lutto un po’ solidificato che si narra. Dall’altra la via di fuga di un linguaggio che parte dal cuore, passando dagli occhi, ed è già di per sé parola.
Alla Fiera si respira quell’aria che molti posti di contrasto al Covid mostrano, per ora. Una timida speranza. I vaccini hanno già bloccato una porzione importante del virus, diminuendo i suoi effetti drammatici. Le terze dosi daranno una mano ulteriore. L’appello consiste nell’invito a non tergiversare. A non ritardare. A non perdere neanche un minuto. Qualcuno, qui, ha rinunciato ad altri incarichi per esserci. Perché qui, come altrove, chi aveva un tesoro nascosto lo ha tirato fuori. E ha scoperto il meglio di sé che sospettava già e che era noto agli altri.
Ma le storie del Covid ci accompagneranno per tanto tempo e con qualunque tempo. Forse per sempre. Forse non le scorderemo mai. Come capita ai vecchi soldati che spiegano agli increduli i giorni tremendi della guerra. E non sanno perché sia toccato proprio a loro sopravvivere. E raccontare.
(nella foto medici vaccinatori al mercato di via Nina Siciliana)