“Stupidità” di Gianfranco Marrone - Live Sicilia

“Stupidità” di Gianfranco Marrone

Gianfranco Marrone, professore di semiotica all’università di Palermo, saggista e scrittore analizza fenomeni diversi come il giornalismo, le tecnologie comunicative, linguaggi, discorsi e media nella cultura contemporanea. E ’l’autore di “Stupidità”, scritto che vive una seconda stagione grazie a Bompiani e che affronta un tema di maggiore attualità rispetto al passato.

LIBRERIA CAVALLOTTO
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CATANIA – All’interno della libreria Cavallotto, si è svolta la presentazione a cura di Savio Lemma e dell’amico Gino Astorina, del saggio sul tema della stupidità, assurto oggi a fenomeno sociale. Sin dalle prime battute l’autore ha evidenziato come la questione della stupidità sia diventata particolarmente sensibile: da un lato, ci sono brand che incentrano intere campagne pubblicitarie sul “be stupid” e dall’altro, contemporaneamente, c’è la tv gran produttrice di stupidità, concetto questo intellettualistico, che dà spazio a quanti hanno iniziato a rivendicarla come un valore.

Già: stupidità = valore. Ma è possibile? Stuzzica la platea, il professore Garrone: “Dovremmo interrogarci – afferma – sul perché la gente inizi ad ostentarla”. I più grandi stupidi sono quelli che dicono di non esserlo, che suona un po’ come il sapere di non sapere di derivazione socratica. C’è un fenomeno strano nell’aria, ci si vanta della stupidità.

“E allora dov’è finita l’intelligenza – ci chiede pacatamente l’autore come si fa con un pubblico di studenti curiosi – se tutti rivendichiamo la stupidità?” L’ impressione – fanno notare i protagonisti dell’incontro culturale – è che l’intelligenza sia stata delegata alle macchine e alle apps. Lungo la ricerca delle mille sfaccettature della stupidità si inserisce una riflessione di Gino Astorina, circa il fatto che “lo stupido è tale a prescindere o solo in riferimento a qualcun altro”.

Risponde Garrone: “E’ necessaria la comparazione con qualcun altro perché la stupidità non è la proprietà di un individuo ma è qualcosa che emerge in una situazione, è quello che qualcuno vede in qualcun altro con la conseguenza che se tutti fossero stupidi e nessuno può riconoscere gli stupidi, questi non esisterebbero più”.

Si analizza poi un altro passo del tema, quello relativo alla breve storia della stupidità, partendo dalla nostra terra. L’autore descrive i tre stadi: si va dall’idiota del paese, il Giufà al quale non si può rimproverare solo la stupidità perché è insita in lui anche un po’di malignità, all’aristocratico inadatto a cogliere i riferimenti più attuali, per chiudere poi con lo stupido post – moderno presente, ahimè, dappertutto.

Vi è uno stupido per ogni epoca storica, dunque: e ciò perché lo stupido è per antonomasia un “prodotto sociale” al passo coi tempi.  Lo spunto di riflessione alla disquisizione sulla stupidità è duplice per Garrone: da una parte vi è il modello de “La storia della follia” di Foucault, dall’altra un’affermazione di Leonardo Sciascia che alla fine anni ’70 lamentava il fatto che “non ci fossero più gli stupidi di una volta”, un po’come dire che non c’è più l’olio buono di un tempo. La ragione? Si è iniziato a giocare a nascondino, dietro la facciata dell’intelligenza.

“Sciascia – ricorda Garrone – si rifà alla figura di Giufà, un po’ lo ‘scemo del villaggio’, parte integrante del folklore, ma al tempo stesso dotato di furbizia; costui – prosegue – è infatti colui che vede ciò che gli altri non vedono, pensiamo al re nudo”. Rivolge lo sguardo ai presenti, per lo più donne e chiede: “Ma è stupido o particolarmente furbo?” Non c’è una risposta certa né esiste, ma ciò che interessa è che oggi questa stupidità sia venuto meno.

E da Giufà alla stupidità artificiale il passo è breve. Tra le novità del libro, infatti, compare il computer definito un “cretino velocissimo”, che in passato si sperava potesse replicare l’intelligenza umana. Dopo milioni di soldi spesi e progetti realizzati ci si accorse degli scarsi risultati. Risultò impossibile insegnare al pc a raccontare fiabe, a capire la lingua, cioè la semantica nonché a fare le traduzioni per le quali occorre, innanzitutto, capire un testo. Paradossalmente, ciò che un bambino ha la capacità di capire non può apprenderlo la macchina del pc. Dalla breve ed interessante indagine sulla stupidità contemporanea emerge, a conclusione, il prototipo semiserio dello stupido che è colui che vive d’istinto e in quanto tale è felice e vince sempre. Lo stupido è quel personaggio che fa del male agli altri senza fare del bene a se stesso. Non è interessato.   Lo stupido e la stupida ci sfiancano, ci annientano, ci distruggono. E dinnanzi a loro ci fermiamo allibiti esclamando d’istinto: “No, non si può essere stupidi fino a questo punto”.


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