Sud chiama Nord, gli addii e la lunga marcia per le Regionali

Sud chiama Nord, l’ora degli addii e la lunga marcia per le Regionali

Quattro deputati hanno cambiato casacca. Lombardo: "Più facile stare in maggioranza"

PALERMO Un gruppo parlamentare dimezzato quasi a metà del percorso di legislatura, un risultato poco esaltante alle Europee e la necessità di rimettere in marcia un movimentismo in chiave siciliana, mettendo da parte le velleità di partito nazionale.

Sono giorni complicati in casa Sud chiama Nord, il movimento di Cateno De Luca che ha da poco registrato la quarta fuoriuscita all’Ars e il quarto cambio di casacca di chi era stato eletto con l’opposizione e ora si ritrova in maggioranza.

La partenza con otto deputati all’Ars

È lontana anni luce la foto dei primi giorni della nuova legislatura che ritraeva gli otto parlamentari deluchiani sorridenti e compatti a Sala d’Ercole, con cravatta rossa d’ordinanza. La strategia a Palazzo dei Normanni li aveva portati a formare due gruppi: Sud chiama Nord e Sicilia Vera.

Oggi si contano gli addii che pongono un problema di non poco conto a De Luca: la selezione della classe politica del proprio movimento che ha perso anche la senatrice Dafne Musolino, arrivata alla corte di Renzi con tanto di coda polemica tra De Luca e la sua ex assessora al Comune di Messina.

I gruppi Sud chiama Nord e Sicilia Vera a inizio legislatura

Sud chiama Nord e le ambizioni di Pd e M5s

Un campanello d’allarme anche in vista della lunga corsa alla presidenza della Regione. Il sindaco di Taormina, infatti, dovrà superare prima di tutto le ambizioni di Partito democratico e Movimento 5 stelle, le altre due gambe dell’opposizione che aspirano a guidare l’alternativa al centrodestra. La volata è già cominciata e l’ha lanciata lo stesso De Luca, che poco prima delle Europee aveva anche dato la scossa ai suoi mettendo al bando “parassiti e imborghesiti” nel tentativo di recuperare terreno.

Lombardo: “C’è chi preferisce la maggioranza”

Tre i superstiti rimasti, oltre allo stesso De Luca, Matteo Sciotto, Ismaele La Vardera e il fedelissimo Giuseppe Lombardo. Quest’ultimo, tra i parlamentari più attivi all’Ars, prova a dare una spiegazione a quanto accade. “Mi rendo conto che l’impegno per cambiare la Sicilia è gravoso – spiega – e c’è chi non ce la fa. La nostra politica è fatta di lavoro e sacrificio: una traversata nel deserto che non tutti sono pronti a sostenere. È più facile andare in maggioranza, me ne rendo conto”.

La lista degli addii

L’ultimo a salutare la truppa deluchiana è stato Ludovico Balsamo, primo degli eletti alle Regionali 2022 in provincia di Catania sotto le insegne ScN. Balsamo e i suoi 4.685 voti sono tornati nel Movimento per l’autonomia di Raffale Lombardo. “Torno nella mia prima casa politica”, sono state le parole del diretto interessato.

Una uscita che fa scendere a quattro i deputati di Sud chiama Nord, soglia minima prevista dal regolamento di Sala d’Ercole per il mantenimento del gruppo. L’eventuale scomparsa di Sud chiama Nord dai radar di Sala d’Ercole sarebbe un danno d’immagine non da poco per le aspirazioni di De Luca.

Il primo ad abbandonare la zattera nell’agosto 2023 fu Salvatore Geraci, sindaco di Cerda eletto nel collegio provinciale di Palermo con 4.194 voti. Per lui l’approdo alla Lega. La Democrazia cristiana di Totò Cuffaro, invece, è stata la base di atterraggio per Salvo Giuffrida, ex sindaco di Tremestieri etneo che ha vinto la causa per ineleggibilità contro il giovane Davide Vasta. Per Giuffrida, dopo un breve passaggio al Misto, nella primavera di quest’anno si sono aperte le porte della Dc.

L’ultimo addio pochi mesi fa: quello del parlamentare messinese Alessandro De Leo, eletto con 3.752 preferenze nella provincia roccaforte di De Luca. Per lui, però, a maggio, è arrivata l’espulsione dal gruppo parlamentare. “Nel corso degli ultimi mesi è diventato evidente un venir meno del rapporto fiduciario, accompagnato da un disinteresse manifesto verso le iniziative del partito e la nostra agenda politica”, dissero lapidari dal movimento che ora rischia di finire sotto quota minima dei quattro deputati.


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