CATANIA. L’esclusione dell’aggravante dell’articolo 7 della legge 203 del ’91, e cioè l’aver agevolato gli interessi economici del clan Laudani attraverso i suoi referenti, ha indotto il Gip di Catania Anna Maggiore a revocare l’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari nei confronti dell’imprenditore Alfio Luciano Massimino, accusato di corruzione nell’ambito dell’inchiesta “Town hall”. Il giudice, accogliendo l’istanza presentata dal difensore di fiducia Carmelo Peluso, ha ritenuto infatti insussistenti gli elementi “per desumere in alcun modo che Massimino avesse la consapevolezza di favorire con la sua condotta il clan mafioso”. Non sarebbero stati dimostrati inoltre contatti diretti tra l’imprenditore catanese ed il boss Alfio Romeo.
Nel corso di una conversazione tra Alfio Romeo e Carmelo Nicodemo, intercettata il 30 aprile del 2009, il primo aveva riferito “mi hanno mandato a chiamare persone di Catania, di San Giorgio, che forse Filippo Monforte si è rivolto a questi qua, questi sono andati a cercare il “cavaliere”…”. Quest’ultimo, secondo la Procura di Catania, sarebbe l’appellativo con il quale veniva chiamato Alfio Luciano Massimino. Secondo il Gip, invece, gli elementi non sarebbero sufficienti a dimostrarlo. Restano in piedi le accuse di corruzione e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, per le quali però, si legge ancora nel provvedimento, vengono meno le esigenze cautelari. “Siamo soddisfatti – ha dichiarato il legale Carmelo Peluso – perché il giudice ha valutato correttamente la vicenda. Il mio assistito già nel 2012, nel corso di un primo interrogatorio, aveva già ampiamente chiarito la sua posizione. Alla luce di queste valutazioni il quadro accusatorio appare di certo ridimensionato”.