"Siamo trenta... io voto a te" | Il summit per eleggere i capimafia - Live Sicilia

“Siamo trenta… io voto a te” | Il summit per eleggere i capimafia

L'arrivo di Giuseppe Greco in una sala da barba della Guadagna

di RICCARDO LO VERSO Nel giugno del 2014 le microspie hanno registrato il vertice agli ordini di Giuseppe Greco (nella foto mentre arriva a un summit), considerato il nuovo capomandamento di Santa Maria di Gesù. Lo Voi: "Cosa nostra copia le regole della politica". L'INTERCETTAZIONE: "QUANDO C'ERA STEFANO BONTADE...". GUARDA LE FOTO DEL SUMMIT

LE INTERCETTAZIONI
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PALERMO – Capi, sottocapi e consiglieri. Votazioni per alzata di mano e campagne elettorali. Gesti simbolici, come il bacio sulla fronte, in segno di rispetto e sottomissione al nuovo capomafia.

Le indagini del carabinieri del Ros e del Nucleo investigativo riportano l’orologio indietro nel tempo, fino alla Cosa nostra nostra degli anni Settanta, quando Santa Maria di Gesù era il feudo di Stefano Bontade. Padrino potente Bontade, scalzato solo dal piombo dei corleonesi. Talmente potente che, spiegava Salvatore Profeta, “se lui diceva… u scieccu vola… nuavutri ci calavamu a tiesta… Si vieru ca u scieccu vola”.

Profeta era il consigliere anziano del mandamento che, secondo i pm (l’indagine è dei sostituti Demontis, Mazzocco e Spedale, coordinati dall’aggiunto Agueci e dal procuratore Lo Voi), sarebbe stato retto da Giuseppe Greco, per tutti era Pino lo zio. È lui l’uomo a cui tutti baciavano la fronte. Il suo sottocapo sarebbe stato Natale Gambino. Il ruolo di capodecina lo avrebbe svolto Francesco Pedalino. Perché a Santa Maria avevano deciso di fare le cose per bene. A cominciare dal rispetto della tradizione e dei vecchi ruoli.

Una mattina di giugno arrivarono alla spicciolata in una sala da barba della Guadagna. Cinque uomini d’onore si diedero appuntamento per scegliere chi candidare al vertice del mandamento Cosa nostra. Bisogna andare indietro nel tempo, fino ai verbali di Tommaso Buscetta per ritrovare una scena uguale a quella vissuta nei locali della “Armando parrucchiera Uomo”. Si riunirono per strutturare l’organizzazione e lasciarsi alle spalle la fase della reggenza che durava da quasi tre anni, da quando cioè Peppuccio Calascibetta era stato ammazzato a colpi di pistola.

C’erano Profeta, scarcerato dopo la richiesta di revisione del processo per la strage di via d’Amelio e tornato in cella a metà novembre; Pedalino, genero di Profeta, con precedenti per droga e armi; Antonino Profeta, figlio di Salvatore, anche lui con la fedina penale sporcata da fatti di droga; Gambino, un altro condannato ingiustamente per l’assassinio di Paolo Borsellino e degli agenti di scorta; infine arrivò Greco, che ha scontato una condanna per mafia nel processo nato dall’operazione Ghiacchio.

Era Greco il pesce più grosso, nonostante Profeta fosse di diciassette anni più vecchio di lui. “… minchia riunione di Santa Maria…”, diceva soddisfatto Profeta. Era davvero un’occasione speciale, come sottolineava Gambino: “…vedi che ha dagli anni novanta che non c’è una riunione di cinque persone qua ah… Santa Maria ogni tanto si sveglia…”. “… che piacere avere u zu Pinuzzu”, disse Pedalino all’arrivo di Greco. Il capo mandamento per prima cosa rimproverò Gambino. Non aveva obbedito ad un suo ordine, forse nella raccolta delle estorsioni: “E allora Natà… se siamo rimasti in un modo… ma perché dobbiamo fare in un’altra maniera?.”. Profeta era costretto a richiamare Gambino al rispetto della gerarchia mafiosa: “Natà non è che tu… puoi discutere cosi con Pino… se Pino ti dice una cosa… devi fare quello che ti dice Pino”.

Poi, si entrò nel vivo dei ruoli da assegnare. “Io incarichi non ne voglio... io voglio essere solo diretto con te… e… no… sottocapo…”, diceva Gambino a Greco. Stessa cosa Profeta: “… a me che devi fare… che sono rimbambito…”, e giù risate. Era la riunione propedeutica alle successive votazioni. Profeta ricordava che “all’epoca (negli anni Settanta ndr) si facevano mi pare… ogni cinque anni… ma sempre Stefano Bontade acchianava… all’epoca cento… centoventi eravamo…”. Oggi invece “se li sommi quanto siamo? Neanche a venti arriviamo”.

Venti, trenta persone agli ordini di Greco. Ordini che, come spiegava Profeta, non potevano essere disattesi: “… non ti puoi permettere… non se lo può permettere nessuno… il primo io non me lo posso permettere… se tu mi dici… tu ci devi andare tu… tu qua rappresenti a noi altri…perciò io non mi posso…dire ci vado… non ci vado.. a prescindere della confidenza che abbiamo… quando parliamo di Cosa Nostra…parliamo di Cosa Nostra… Quando dobbiamo babbiare …babbiamo”. Erano decenni che le microspie non registravano i boss pronunciare, in maniera così esplicita, il nome Cosa nostra.

La campagna elettorale entrava nel vivo: “… io a te voto… io a te voto… io aperto lo do”; “… gliela faccio la campagna a lui… a Pino… certo!… è come le votazioni”. Il voto sarebbe avvenuto per alzata di mano. “… ci ammazziamo come i cani… ma perché non la possiamo fare ad alzata … ad alzata di mano”, diceva Profeta. Bisognava riorganizzare tutto il territorio: “…ma pure là sopra a Villagrazia (il mandamento di Santa Maria di Gesù è composto dalla omonima famiglia e da quelle di Villagrazia e della Guadagna ndr) c’è la necessità… ru riggienti…”.

Poi le inquietanti parole di Profeta : “Ti dico che c’è pure un altro… altro che lui è…”. Non c’era solo Greco in corsa per la carica di capomandamento. Non sappiamo, al momento, quando e dove si sia svolta la votazione successiva alla riunione nella sala da barba. Gli investigatori, però, hanno in mano più di un elemento per dire che alla fine la scelta sarebbe ricaduta su Greco al quale, come mostrano alcuni scatti fotografici, anche gli uomini anziani come Profeta doveva mostrare rispetto baciandolo sulla fronte.

 


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