PALERMO – Pende ancora sulla finanziaria la spada di Damocle della possibile impugnativa del Commissario dello Stato. Carmelo Aronica ha tempo fino a giovedì per impugnare parte della legge di stabilità votata dall’Ars la notte del 30 aprile. Il governo regionale ha già fornito una serie di chiarimenti su richiesta su vari punti della legge. C’è già stato, alla fine della scorsa settimana, anche un incontro al ministero della Coesione territoriale in cui la giunta siciliana ha illustrato alcuni aspetti della manovra. L’auspicio del governo è che la mannaia non si abbatta su norme relative alle entrate, che a quel punto minerebbero l’impianto del bilancio, costringendo la Regione a cercare altrove le risorse per far pareggiare i conti.
A rischio sarebbero alcune delle norme inserite all’ultimo momento in finanziaria nel maxiemendamento votato in extremis dai deputati. E potrebbe rischiare anche la famigerata tabella H, che in questi anni l’ha sempre fatta franca, salvandosi dalla scure del commissario. L’indiscrezione arriva da fonti vicine al governo: sarebbero arrivate richieste di chiarimenti sui criteri secondo i quali sono stati spartiti ad associazioni e onlus i 25 milioni stanziati. Pare che sulla tabella H, criticata negli ultimi giorni da diversi politici (i grillini dopodomani, come anticipato da Livesicilia, battezzeranno un osservatorio sul punto), si allunghi l’ombra sinistra di una sentenza della Corte costituzionale datata 2009, che potrebbe portare all’impugnativa.
Il pronunciamento della Consulta riguardava una analoga “tabella” contenuta nella legge di bilancio 2007 della Regione Lazio. In quel caso, i giudici costituzionali ritennero fondata la questione di incostituzionalità sollevata in via incidentale dal Tar del Lazio in un procedimento tra il Codacons e la Regione. In quel caso si trattava della “concessione di contributi nell’anno 2007 per lo svolgimento di iniziative di carattere sociale, culturale e sportivo”, insomma, un tema sostanzialmente sovrapponibile alla Tabella H sicula. La Corte scrisse che le “leggi-provvedimento”, ossia quelle che incidono “su un numero determinato di destinatari ed ha contenuto particolare e concreto, attribuendo a ben precisi soggetti collettivi sovvenzioni in danaro per iniziative e progetti”, “sono ammissibili entro limiti”, tra i quali “quello del rispetto del principio di ragionevolezza e non arbitrarietà”. Proprio per questo motivo la Consulta scrisse che “qualora il legislatore ponga in essere un’attività a contenuto particolare e concreto, devono risultare i criteri ai quali sono ispirate le scelte e le relative modalità di attuazione”. Criteri che nella scelta della Regione Lazio non emersero, tanto che la Corte ritenne la misura in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione, quello che sancisce il principio di uguaglianza dei cittadini. “Difatti – si legge nella sentenza -, né dal testo della norma – che contiene, con il rinvio alla tabella, un mero elenco dettagliato di destinatari, di progetti finanziati e di importi ripartiti – né dai lavori preparatori della legge emerge la ratio giustificatrice del caso concreto, non risultando che il Consiglio regionale abbia osservato criteri, obiettivi e trasparenti, nella scelta dei beneficiari dei contributi o nella programmazione e pianificazione degli interventi di sostegno”. Parole che sembrano scritte apposta per la famigerata ex tabella H. “La norma denunciata – chiosava la sentenza – si risolve in un percorso privilegiato per la distribuzione di contributi in danaro, con prevalenza degli interessi di taluni soggetti collettivi rispetto a quelli, parimenti meritevoli di tutela, di altri enti esclusi, e a scapito, quindi, dell’interesse generale”. Le medesime accuse ripetute più volte alla tabella H, quella che mette insieme le onlus che assistono i malati terminali e le associazioni che organizzano veglioni. E che stavolta potrebbe finire accoppata.