PALERMO – È durata un’ora e mezza l’audizione di Gianfranco Miccichè convocato al Palazzo di giustizia di Palermo. I pubblici ministeri lo hanno sentono come persona informata sui fatti. I “fatti” sono quelli dell’inchiesta sul giro di mazzette pagate dal duo Nicastri-Arata per ottenere le autorizzazioni regionali ad aprire degli impianti di energie alternative. Il presidente dell’Ars, all’uscita della stanza del procuratore aggiunto Paolo Guido, ha solo detto di avere ripetuto quanto detto in Commissione regionale antimafia.
Dopo Micciché è toccato all’assessore al Territorio e ambiente Toto Cordaro, pure lui convocato per oggi sempre nella qualità di testimone. La sua audizione è durata un paio d’ore. Aveva sospettato che dietro le pressioni di Paolo Arata ci fossero interessi illeciti. Per questo, dopo i primi contatti, aveva smesso perfino di rispondere ai suoi messaggi. Una chiusura totale ribadita oggi ai pm che lo hanno sentito come persona informata sui fatti nell’ambito dell’inchiesta. Cordaro si sentiva assediato da Arata, che tentava di avere contatti anche con gli assessori all’Energia e alle Attività produttive Alberto Pierobon e Mimmo Turano per avere facilitazioni nella realizzazione di due impianti di energie alternative del valore di oltre 15 milioni. Secondo le indagini, Turano avrebbe saputo che dietro agli affari dell’ex consulente del Carroccio c’era Nicastri, ma si sarebbe guardato bene dal dirlo al collega di Giunta. Cordaro ha anche consegnato ai pm Paolo Guido e Gianluca De Leo i messaggi che Arata gli mandava. Al faccendiere interessava che la Commissione di valutazione di impatto ambientale, che fa capo all’assessorato al Territorio, girasse, senza esprimere un proprio parere, le pratiche che gli interessavano direttamente all’assessorato all’Energia. Invece la Commissione ritenne che gli impianti necessitassero della Via. Cordaro, a cui Arata si era presentato come il responsabile Ambiente del Centrodestra, ricevette telefonare di “segnalazione” del faccendiere anche da Gianni Letta. Ma ritenendo che dietro alle insistenze del socio di Nicastri ci fossero strane manovre, decise di non rispondergli più. La prossima settimana i magistrati sentiranno Turano e Pierobon.
È stato soprattutto Paolo Arata, professore ed ex consulente della Lega per l’energia, ad attivare il suo giro di conoscenze politiche in virtù anche della sua vecchia esperienza parlamentare. Di fronte ai politici siciliani parlava delle sue amicizie a livello nazionale. Su tute quella con l’ex sottosegretari leghista Armando Siri. Voleva accreditarsi come un imprenditore che aveva, alle spalle, una copertura politica. In particolare quella della Lega di Matteo Salvini, ma anche di Forza Italia, il partito che in passato gli ha garantito un posto in Parlamento.
Il professore genovese puntava a grossi investimenti in Sicilia. E per questo aveva avvicinato assessori regionali Alberto Pierobon, Girolamo Turano e Toto Cordaro, il presidente dell’Ars Micciché e anche ex ministri come Calogero Mannino. I pm di Palermo hanno deciso di convocarli per chiarire meglio la genesi e i motivi dei vari incontri. Il primo arrivato in Tribunale è Miccichè.
Quali sono i punti da chiarire? Innanzitutto va verificato se Micciché fosse a conoscenza che dietro le manovre ci fosse Vito Nicastri, personaggio già noto alle cronache giudiziarie per via di una confisca patrimoniale record. È stato Micciché, circostanza da lui stesso confermata, su richiesta di Alberto Dell’Utri, ad attivarsi per far incontrare Arata (socio occulto di Vito Nicastri). Nel corso dell’audizione in commissione regionale antimafia, lo scorso giugno, il presidente ha detto che Arata gli chiese un appuntamento con l’assessore Pierobon, ma poi seppe che si erano già incontrati. “Quindi non sono stato io – ha detto – ad introdurlo in assessorato”.
Il funzionario regionale Alberto Tinnirello, arrestato per corruzione, ha riferito che Miccichè fosse presente in assessorato assieme a Cocina e Arata. Cocina, direttore del Dipartimento regionale acqua e rifiuti, era diventato un ostacolo per gli affari di Arata e Nicastri. L’incontro fra Miccihè e Arata era finalizzato ad eliminare l’ostacolo? Micciché in Commissione ha risposto che fu in incontro casuale mentre Pierobon gli stava facendo vedere l’assessorato, luogo che neppure conosceva. Eppure Pierobon ha sostenuto che fu Miccichè a invitarlo a organizzare un appuntamento “tramite due persone che non ci sono più”. Di chi si tratta?
Altro incontro è quello che il figlio di Paolo Arata, Francesco, sollecitò a Miccichè con l’assessore Turano. In effetti i tre si incontrarono all’Ars. Micciché lo ha definito un gesto di cortesia. È nel corso di questo incontro che Turano “mi prende a solo – ha riferito Miccichè in Antimafia – e mi dice di non occuparmi più di questa vicenda perché è meglio così. Da quel momento io mi allontano da tutto”.
Turano sapeva dei trascorsi giudiziari di Nicastri. Micchichè ha aggiunto che non si interessò di comprendere il senso di quell’avvertimento di Turano. Il figlio di Arata, come emerge dalle carte giudiziarie, sosteneva che Micciché sapesse che dietro i loro affari ci fosse Nicastri. “Minchiate”, ha tagliato corto il presidente dell’Ars.
Cocina, interrogato, ha spiegato di essere stato convocato da Miccichè in presidenza e che al suo arrivò vi trovò Arata. Anche su questo particolare Micciché in audizione all’Antimafia è stato tranciante: “Vorrei capire come Cocina dice questo, ma io non ricordo di aver mai incontrato Cocina con Arata. Non ricordo, magari mi sbaglio, ma mi fido della mia segreteria” .