PALERMO – Avrebbe chiesto mazzette per compiere un lavoro che gli spettava d’ufficio. Il giudice per le indagini preliminari ha rinviato a giudizio Pippo Bono, ex funzionario del servizio Demanio marittimo dell’assessorato regionale al Territorio e ambiente. Il processo inizierà a gennaio 2014.
Sono tre gli episodi contestati a Bono, nel frattempo trasferito al servizio “Protezione patrimono naturale” dello stesso assessorato. E risalgono tutti al 2009. Un imprenditore di Termini Imerese si era rivolto a Bono per chiedere notizie sulla pratica di sdemanializzazione di un centro sportivo sul lungomare. Una pratica seguita da Bono che gli avrebbe chiesto 500 euro per fare in modo che tutto filasse liscio.
Somma che lievitò fino a cinque mila euro nel caso del titolare di un rimessaggio di barche, sempre a Termini Imerese, che aveva richiesto il rinnovo di alcune concessione demaniali dalle quali erano scaturiti dei procedimenti amministrativi in assessorato. Altri tremila euro Biondo avrebbe chiesto, infine, al titolare di uno studio legale di Palermo che stava seguendo delle pratiche demaniali per conto di alcuni clienti.
“Nessuna istigazione alla corruzione – spiega il legale di Bono, l’avvocato Raffaella Geraci -, ma richieste di prestiti in un momento di difficoltà personale che nulla hanno a che vedere con il ruolo di funzionario dell’ufficio del Demanio”. Una tesi che sarebbe confermata dal fatto che le pratiche incrimante erano già avviate e nulla Bono avrebbe potuto fare per impedirne o accelerarne l’approvazione. Anche perché il suo intervento non sarebbe stato risolutivo visto che le pratiche prevedono diversi step di approvazione.