PALERMO – “Sono scioccato, dicono che la legge è questa. È il massimo della pena che gli potevano dare”. Le parole del padre di Tania Valguarnera sono cariche di amarezza.
Sono trascorse poche ore dalla lettura del verdetto. Il giudice ha stabilito che Pietro Sclafani merita una condanna a quattro anni di carcere per avere falciato la figlia mentre attraversava la strada sulle strisce pedonali. Il reato è omicidio colposo. Quello stradale, con una pena massima di 18 anni, è entrato in vigore dopo.
L’amarezza dura lo spazio di poche parole. È la sofferenza che segna il cuore e i discorsi di Salvatore Valguarnera: “Mia figlia non c’è più. Le cose non cambiano. Possono solo peggiorare. Più passa il tempo e più peggiorano. Dicono che si deve andare avanti…”.
Non completa la frase. Si commuove. Il discorso, come la vita, riprende per inerzia: “Si doveva sposare. Tanti progetti, tante cose. Tutto inutile, mi manca un pezzo di me stesso”. Non c’è spazio per il rancore, almeno papà Salvatore non la manifesta. Neppure per il perdono, però: “Non si può perdonare. Come si fa a perdonare. E ora è pure libero”. Sclafani, infatti, è stato scarcerato. In carcere ci tornerà solo quando e se la condanna diventerà definitiva.
Non esiste una scala di valori per misurare il dolore, specie quando si è provato quello totalizzante di seppellire una figlia. Non è l’immagine dell’incidente, non è la morte in sé che scuotono l’uomo. “Non si è fermato (Salvatore Valguarnera non pronuncia mai il nome di Pietro Scalfani), è scappato. Non ha soccorso Tania, l’ha lasciata lì per terra. Si vede nelle telecamere. Si è comportato troppo male. Ci vuole prudenza quando si guida, bisogna stare attenti a rovinare la vita delle persone. Però se succede ti devi fermare…”.