PALERMO – Hanno fatto irruzione in casa sua, immobilizzato e imbavagliato la moglie per poi costringerlo a salire sulla sua auto insieme a loro. Una normale giornata di lavoro è iniziata con il terrore per il direttore dell’ufficio postale di viale Regione Siciliana, all’angolo cono corso Calatafimi. Una banda formata da quattro malviventi è entrata in azione prima delle 8: probabilmente aveva preso di mira da tempo l’uomo, raggiunto nella sua abitazione che si trova in provincia. Uno di loro ha bloccato la donna, mantre gli altri tre sono passati alle maniere forti con il marito.
La minaccia di fare male alla moglie ha infatti permesso loro di percorrere decine di chilometri insieme al direttore, costretto, una volta arrivato davanti all’ufficio, ad entrare per prendere il denaro. La vittima si è così trovata da sola dentro la succursale e ha pensato di restare lì facendo finta di perdere tempo nel ritiro dei soldi. Ha invece alzato la cornetta di uno dei telefoni, chiamato la moglie e poi lanciato l’allarme. La donna gli ha infatti detto di non essere più in pericolo e lui, quindi, ha chiamato la polizia. Nel frattempo, però, la banda si è data alla fuga. Quando gli agenti sono arrivati in corso Calatafimi, infatti, dei malviventi non c’era più traccia.
Altre volanti, nel frattempo, si sono recate a casa del direttore, dove la donna era stata liberata. Le indagini della squadra mobile della questura e degli uomini della Scientifica sono in corso, e si concentrano anche sull’auto utilizzata dai rapinatori per arrivare all’appartemento. E’ già il secondo episodio, in meno di un mese, che vede protagonista il direttore di un ufficio postale della città. Soltanto poche settimane fa, infatti, a finire nel mirino era stato il diretto dell’ufficio di piazza Sturzo, Salvo Coppola.
Il suo incubo – come lui stesso ha raccontato a LiveSicilia – era durato un’ora: i malviventi, anche in questo caso, lo avevano minacciato di ritorsioni contro la propria famiglia, costringendolo a salire sulla sua macchina e poi a guidare senza meta per il capoluogo. Poi, l’avevano abbandonato, sempre a bordo del mezzo, in un archeggio vicino all’ospedale di Villa Sofia. L’avevano immobilizzato con alcune fascette, di quelle solitamente usate dagli elettricisti, per poi darsi alla fuga. Il colpo andò in fumo.