Tetto ai superstipendi dell'Ars | Dirigenti all'attacco: tagli illegittimi - Live Sicilia

Tetto ai superstipendi dell’Ars | Dirigenti all’attacco: tagli illegittimi

Il decreto del presidente dell'Ars che imponeva il tetto di 240 mila euro agli stipendi del personale di Palazzo dei Normanni viene contestato da quattro consiglieri parlamentari. Che si riservano di agire davanti ai giudici

Palazzo dei Normanni
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PALERMO – La guerra degli stipendi d’oro dell’Ars non è chiusa. Il tetto massimo di 240 mila euro lordi annui imposto ai dipendenti del Parlamento non è stato digerito da tutti gli alti burocrati del Palazzo. E tre di loro hanno impugnato il decreto del presidente dell’Assemblea del 30 luglio scorso che imponeva a segretario generale e consiglieri il tetto adottato dal governo nazionale per i dipendenti pubblici. Le raccomandate sono arrivate alla presidenza a fine agosto. A scrivere sono stati i consiglieri parlamentari Francesco Ajello, Eugenio Consoli e Antonino Purpura. I tre sostengono che il decreto del presidente Giovanni Ardizzone “si configura quale atto unilaterale, arbitrario, illegittimo, discriminatorio e fortemente lesivo dei diritti derivanti dalle norme e dai principi generali relativi al pubblico impiego e dalla disciplina generale in tema di trattamento giuridico ed economico dei dipendenti dell’Assemblea Regionale Siciliana”.

Il decreto del presidente Ardizzone faceva seguito a una delibera del consiglio di presidenza del 25 giugno scorso, che fissava un tetto onnicomprensivo di 240 mila euro lordi annui per il segretario generale dell’Assemblea (che fino ad allora costava anche più del doppio) e per il personale dipendente. I superdirigenti dell’Ars che superavano la soglia erano una decina. In sei hanno fatto richiesta di pensionamento, sfruttando una finestra “extra” che veniva aperta con il decreto che imponeva il tetto (bastano 53 anni per andare in pensione).

Adesso arriva l’impugnativa da parte dei tre consiglieri parlamentari. Che in tre distinte missive invitano a “revocare spontaneamente il suddetto illegittimo provvedimento”, ripristinando il trattamento precedente “restando comunque impregiudicato il risarcimento di ogni maggiore eventuale danno”, “nonché il ricorso presso le opportune sedi di giustizia” in caso di mancato accoglimento della diffida.

Anche un quarto consigliere parlamentare, Giuseppe Zarzana, ha scritto alla presidenza contestando il provvedimento che ritiene “viziato da almeno quattordici profili di illegittimità”, che vengono enumerati nella missiva. Zarzana aveva chiesto di essere collocato in quiescenza prima dell’entrata in vigore del decreto, l’amministrazione invece vuole che vada in pensione con la finestra di ottobre introdotta dal decreto e quindi con le penalizzazioni introdotte dallo stesso provvedimento. Che il dirigente ritiene illegittimo per la violazione di una serie di norme e principi generali, come il divieto di reformatio in peius del trattamento economico dei dipendenti pubblici, riservandosi “ogni azione giudiziaria” tesa a farne dichiarare l’annullamento.

L’Ars, applicando il tetto di 240 mila euro fissato dal governo Renzi per gli altri dipendenti pubblici, è stata più rapida del Parlamento nazionale (a cui è agganciato il trattamento economico del personale dell’Ars, che per questo motivo è il consiglio regionale che spende di più per il proprio personale). Proprio ieri, infatti, i quotidiani davano notizia dell’avvio delle procedure da parte di Camera e Senato per imporre il tetto anche ai propri dipendenti. Che hanno subito fatto le barricate al proposito.


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