SANTA CATERINA – Una vasca in eternit accanto al muro di una vecchia chiesa, poco distanti i segni di un piccolo incendio con resti di spazzatura; recinzioni instabili e cumuli di detriti edili, parti di elettrodomestici incastonate tra la vegetazione. Bottiglie ed altri rifiuti plastici si accumulano persino sulla spiaggia in fondo alla ripidissima via delle Acque Grandi. Ma la gestione dei rifiuti è solo una delle varie questioni legate alla Riserva Naturale della Timpa: dalla sua istituzione, nel 1984, ad esso si accompagna l’abusivismo edilizio. Renato De Pietro -presidente di Legambiente Catania- ,ricorda l’”ecomostro” di Santa Caterina: struttura che, negli anni’ 70, fu costruita (e mai completata) per ospitare l’hotel Aloha a mare.
Oggi il cemento armato va sgretolandosi, in una zona già a forte rischio idrogeologico, dunque con alto tasso di erosione. De Pietro fa anche notare come il piano territoriale della riserva (competenza del Dipartimento Regionale dello Sviluppo Rurale e Territoriale per la zona A, del Comune di Acireale per la zona B) non sia stato ancora approvato, così come in altre riserve locali: dall’Oasi del Simeto al Parco dell’Etna, dove si prevedono prossimi interventi dell’associazione.
La problematica degli edifici abusivi sembra la più sentita: lo rimarca un dipendente dello storico camping “La Timpa”, pur evasivo sulla questione: “A differenza del camping, molte delle strutture sui terrazzamenti non sono costruite secondo norma. Noi abbiamo una credibilità da mantenere, dovendo accogliere clientela europea e pochissimi italiani”.
Risulta invece confermato, sempre secondo Legambiente, il fatto che la barriera soffolta dinanzi alla Grotta delle Palombe non si farà. Si parla piuttosto di alcuni interventi sostitutivi, ma è prevalsa la linea di minor impatto ambientale, dopo la campagna d’opinione combattuta negli ultimi quattro mesi. L’idea che uno sbarramento artificiale a 20 metri dalla costa non fosse poi dannoso, è stata soppiantata anche da ragioni strettamente pratiche.
A tale proposito precisa Massimo Ardizzoni –istruttore, esperto conoscitore di questi fondali, accreditato anche nel settore dei lavori subacquei- : “Sarebbe lo stravolgimento inutile di un equilibrio naturale, visto il carattere necessariamente distruttivo di una costruzione simile. Occorrerebbe una parete simile a quella di una diga, il che non è pensabile”.