Tommaso Natale e l'imprenditore che "scommette" sulla mafia -

Tommaso Natale e l’imprenditore che “scommette” sulla mafia

Avrebbe puntato tutto sulla mafia, in qualche modo "investendo" sulla vicinanza al boss Giulio Caporrimo, nel cuore di Palermo

Avrebbe puntato tutto sulla mafia, in qualche modo “investendo” sulla vicinanza al boss Giulio Caporrimo, nel cuore di Palermo. Ma l’avrebbe pagata a caro prezzo Giuseppe Vassallo, palermitano trasferitosi a Firenze, un imprenditore nel ramo delle scommesse online, cui Cosa Nostra avrebbe imposto una sorta di tassa fissa da 1.000 euro a settimana, in cambio dell’autorizzazione ad aprire sue agenzie nel territorio del mandamento di Tommaso Natale. Vassallo, secondo la Dda di Palermo, lo avrebbe scelto “deliberatamente”. Non sarebbe, insomma, una mera vittima del racket.

L’accusa: concorso esterno in associazione mafiosa
Vassallo è uno degli arrestati nell’inchiesta Bivio2, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. E’ accusato di una “condotta continua”, di aver agevolato la mafia versando quei soldi, mille euro a settimana nelle mani del boss Caporrimo, in cambio dell’autorizzazione a operare nel territorio, aprendo agenzie di scommesse. Il 3 marzo dell’anno scorso, mentre si trovava a Firenze, Vassallo avrebbe chiamato attraverso internet Caporrimo. Una videochiamata che gli inquirenti hanno captato grazie a una cimice. Vassallo avrebbe detto di dover riscuotere una vincita, ma in realtà, secondo gli inquirenti, era lui a dover pagare. Pochi minuti dopo, infatti, l’imprenditore chiama una persona di fiducia, chiedendogli di stornargli attraverso internet mille euro, ottenendone 900, evidentemente, secondo gli inquirenti, perchè aveva bisogno di reperire liquidità.

Il gip: Vassallo avrebbe avuto consapevolezza del supporto del clan
Nell’ordinanza il gip scrive a chiare lettere che Vassallo avrebbe deciso deliberatamente di intrattenere un rapporto con l’associazione mafiosa. E’ evidente che non ne faccia parte, di Cosa Nostra, ma secondo la Dda avrebbe la consapevolezza che il supporto dell’organizzazione sarebbe produttivo di cospicui effetti “positivi”, in termini di diffusione dell’iniziativa imprenditoriale; e sarebbe disposto a sopportarne il costo, in termini economici e personali. In un’occasione, comprendendo che da un momento all’altro sarebbe stato intercettato da una macchina dei carabinieri, si sarebbe disfatto di brillanti, denaro in contanti e gioielli, che presumibilmente avrebbe dovuto consegnare a un appartenente al mandamento, per non farseli trovare addosso dai miliari. Li avrebbe nascosti in un cestino dell’immondizia, salvo recuperarli in un secondo momento.

I dubbi di Caporrimo sul volume d’affari di Vassallo
Dal canto suo, il boss Caporrimo – capomandamento di Tommaso Natale, che gli inquirenti hanno conosciuto nel corso delle indagini anche per i suoi monologhi rabbiosi, in cui parla degli affari di Cosa Nostra – non è certo un campione di delicatezza. E quando torna da Palermo, parlando con i suoi, dice di “stringere” Vassallo, di indagare sul suo vero volume d’affari, convinto che l’imprenditore guadagnasse di più rispetto a quanto non dichiarasse al clan, forse proprio per pagare una tassa inferiore: che fosse una sorta di “evasore” del pizzo. E affida il compito a un suo uomo di fiducia, spiegando di avere intenzione di “avversarlo”, sua espressione: voleva pretendere, in poche parole, un somma più alta.


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