Tranquilli. A Doha non si beve e non si va a donne - Live Sicilia

Tranquilli. A Doha non si beve e non si va a donne

Cronache mondiali.
LO STRETTO IMMAGINARIO
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“Non starò più a cercare parole che non trovo per dirti cose vecchie con il vestito nuovo” Tranquilli. A Doha non si beve e non si va a donne (almeno così si dice, anche se poi non è vero): Guccini, però, si può ascoltare. L’Arabia Saudita, il Qatar e l’Iran, due Arabe e l’altra Persiana, hanno giocato e hanno fatto notizia. Dal Qatar ci si aspettava di più, perché ha avuto tutto il tempo e le risorse per imparare almeno a passare la palla. Una pena, direi. L’Arabia Saudita ha confermato che nel calcio è possibile mettersi sotto i piedi, il pronostico e i curriculum, e piegare l’Argentina.

Questa partita, ha nuovamente dimostrato che il termine competizione, ha senso se cancelliamo il suo significato anglosassone, che ci ha colonizzato. Per noi, competere, dovrebbe essere cum – petere: andare insieme, far convergere, possibilmente in porta, un’azione di gioco corale.

L’Iran, che forse invece sa giocare meglio di come si è visto, non solo ha incontrato un’Inghilterra in forma e concentrata, ma al momento ha altre priorità nazionali, che si sono viste all’inizio della partita. Ho trovato offensivo mettere in dubbio il coraggio di quegli uomini muti, provarne sorpresa. Perché allora vuol dire che nessuno ricorda che gli Iraniani, le rivoluzioni le hanno fatte, sanno come si realizzano e con quali costi. Tra il 1978 e il 1979, durante un lungo e sanguinoso anno, mentre a Teheran le proteste e gli scioperi dilagavano come oggi, l’opposizione in esilio a Parigi, guidata da Khomeynī, si preparava a tornare a casa.

Lo Scià, dopo la repressione, provò a dialogare, ma fu alla fine l’Esercito a rifiutarsi di uccidere, e a prepararsi ad accogliere il nuovo leader del Paese, mentre lo Scià fu accomodato in esilio. Dopo più di quarant’anni, la situazione si ripete. Non so come andrà, ma non mi ha proprio meravigliato la presa di posizione plateale della squadra, e non mi meraviglierà che nelle prossime due partite (soprattutto con gli odiati USA) metteranno la testa e le gambe sul campo, lasciando la rivoluzione per un attimo da qualche parte del cuore.

“E prenderei a schiaffi
I volteriani, i ladri
gli stupidi e i bigotti
Perché Dio è violento!
E gli schiaffi di Dio
appiccicano al muro tutti”

Sfatiamo e chiariamo.
I tifosi ci sono e non sono soltanto dei figuranti. Infantino, da buon Meridionale (anzi, da Reggino dello Stretto) sa bene che in alcuni momenti bisogna fare la parte del giunco in attesa che la piena passi. E lui ci riesce benissimo, da buon leguleio di classe.

Tutti vogliono boicottare, a parole, la competizione, ma contemporaneamente, sono tutti qui: televisioni e giornali. Non è facile boicottare chi ti paga profumatamente, e tanto meno immaginare di stracciare, per questioni di principio, contratti con penali esorbitanti. Molti tra quelli che si stracciano oggi le vesti, sono gli stessi che hanno dimenticato che eccitati e sognanti seguirono la nazionale italiana in Argentina, quella di Bearzot e il primo Paolo Rossi, che nel 1978 viveva sotto una Dittatura tra le più feroci e durature del novecento.

Non solo l’hanno dimenticato, ma ancora oggi, cantano le gesta di quella squadra, senza curarsi delle migliaia di desaparecidos, e affermano, senza memoria e senso del pudore, che questo in Qatar è il Campionato del Mondo più sanguinoso della storia. E’ la seconda volta che vengo in Qatar, ma anche se non ci fossi mai venuto, è difficile non capire, che in questo scarto di deserto Arabo abitano due milioni e mezzo di nulla facenti, con un reddito altissimo, serviti da un numero doppio d’immigrati, con salari bassissimi, che lavorano duramente.

Salari bassissimi, ma in alcuni casi dieci volte più alti di quelli che percepirebbero nei luoghi di provenienza. In Qatar hanno costruito una forma aggiornata, moderna e globale, del più conosciuto e antico rapporto tra Monarchia e Servi della Gleba: da una parte la Casa Reale e i cittadini del Qatar,
dall’altra qualsiasi disperato che cerca una forma di fortuna. E’ qui che l’Esercito Americano ha però installato il cuore operativo di controllo di un’area geografica cruciale e vasta: quest’arcaicità politica, devo dedurre, non sembra dargli fastidio, e i giornali liberal degli Stati Uniti salvano con l’ipocrisia e la retorica, le apparenze, parlando di Diritti Civili ben sapendo che in Qatar non ci sono nemmeno quelli sociali e umani.

Sulle morti bianche, mi limito a dire che in giro per il mondo, il migliore ha la rogna, per non parlare della questione femminile e delle minoranze di genere: nessuno ha avanzato misure di ritorsione contro i Polacchi, ad esempio, anzi al momento sono il cuore della resistenza anti russa, di fronte alla quale, donne e omosessuali lasciano il tempo che trovano.

Tra Unione Europea, la culla dei Diritti Civili, e il Qatar, incubatrice dell’Oscurantismo, esiste da decenni non un occasionale rapporto d’import ed export, ma uno strutturato e proficuo, e quando siamo nei guai, spesso ci aiutano. Quando anni fa, l’operazione immobiliare di Porta Nuova a Milano, si arrestò per la crisi economica, fu il Qatar a mettere le mani nel portafoglio e finanziare la conclusione dei cantieri.

In sostanza, siamo, alle solite manie occidentali: praticare male e predicare anche peggio, chiusi in enclave di un insopportabile privilegio schizofrenico. “Per raccontarti il vuoto che al solito ho di dentro e partorire il topo vivendo sui ricordi giocando coi miei giorni, col tempo”.

Nel frattempo, le partite vanno avanti, e tra oggi e domani chiuderà il primo turno del calendario. Con il secondo turno, alcune sentenze inizieranno a essere emesse. Io il calcio lo seguo per via del salario, e non perché non mi piaccia, ma per via di una pigrizia che se non fosse per il lavoro di scriba non mi porterebbe mai sugli spalti. In tempi come questi, però, come tutti gli sport, ma ancor più d’altri, il calcio è uno dei pochi momenti in cui un mediocre non può millantare capacità che non ha; non può disquisire su questioni che nemmeno conosce.

Soprattutto, continua a essere il solo ambito, insieme a tutti gli sport, dove appare e si manifesta l’antico e sempre essenziale spirito dell’Agon, oggi sostituito da quello della Competizione. Una sostituzione nefasta, e succube di una cultura in cui conta solo la vittoria, possibilmente resa sicura da ogni sorta di capacità al contorno, lecita o meno. L’Agonismo è ben altro. E’ quell’Agone in cui nel provare a vincere s’impara a perdere; ad accettare le sfide della vita senza alcuna sicurezza di vittoria, ma forti della capacità di sapere e poter rischiare di perdere. Alcuni dicono, a posteriori, che è meglio che in queste condizioni l’Italia non si sia qualificata. Che è come dire, che è bello salvare uno pseudo onore e una scialba coscienza per via di una manifesta incapacità.
Er Lawrence.


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