Trattativa, depone Riccio |"Così Cosa nostra si spaccò in due" - Live Sicilia

Trattativa, depone Riccio |”Così Cosa nostra si spaccò in due”

L'ufficiale de carabinieri, per il quale è stata richiesta l'archiviazione per l'accusa di falsa testimonianza nel processo Mori, riferisce i racconti del confidente Luigi Ilardo. E racconta di spaccatutra tra Riina e Provenzano e del sostegno di quest'ultimo a Forza Italia.

PALERMO – La Procura di Palermo ha chiesto l’archiviazione dell’indagine per falsa testimonianza a carico dell’ex colonnello dei carabinieri Michele Riccio avviata su input del tribunale che assolse l’ex numero due del Ros Mario Mori, accusato di avere favorito la latitanza di Bernardo Provenzano. Nella sentenza i giudici avevano trasmesso gli atti ai pm perché procedessero a carico di Riccio, tra i principali accusatori di Mori, e per un altro testimone, Massimo Ciancimino. Sulla richiesta di archiviazione il gip non ha ancora deciso. La circostanza è emersa nel corso dell’udienza di oggi del processo sulla trattativa Stato-mafia in cui Riccio sta deponendo.

“Sulla strategia stragista cosa nostra era staccata. Da un lato c’era l’ala che faceva capo a Riina e Bagarella, che era favorevole, dall’altra quella che faceva riferimento a Bernardo Provenzano e Pietro Aglieri, che era contraria”. Lo ha detto il colonnello dei carabinieri Michele Riccio, deponendo al processo sulla trattativa stato-mafia, riferendo le rivelazioni che, nel ’94, gli fece l’allora capo provinciale di cosa nostra di Caltanissetta Luigi Ilardo, suo confidente, ucciso prima di formalizzare la collaborazione con la giustizia.  “Nel ’94, nel corso di una riunione a Caltanissetta, fu comunicata ai capimafia locali la strategia di Bernardo Provenzano: tornare a un vertice unitario di Cosa nostra, far cessare la violenza e appoggiare Forza Italia con cui si era stabilito un contatto tramite un personaggio insospettabile che era nell’entourage di Berlusconi. In cambio Cosa nostra avrebbe avuto dei vantaggi anche normativi”. Lo ha detto il colonnello dei carabinieri Michele Riccio, deponendo al processo sulla trattativa stato-mafia, riferendo le rivelazioni che, nel ’94, gli fece l’allora capo provinciale di cosa nostra di Caltanissetta Luigi Ilardo, suo confidente, ucciso prima di formalizzare la collaborazione con la giustizia. Ilardo, che non partecipò alla riunione di Caltanissetta, sarebbe stato informato dei diktat di Provenzano dai boss presenti. Al colonnello Riccio, inoltre, il suo confidente avrebbe rivelato che dietro le stragi mafiose c’erano mandanti esterni. 

*Aggiornamento delle 16.25

Il Ros pose ostacoli pretestuosi per scongiurare la cattura di Bernardo Provenzano. Ne sta parlando l’ex colonnello dei carabinieri Michele Riccio, teste al processo sulla trattativa Stato-mafia in corso davanti alla corte d’assise di Palermo. Riccio sostiene che, grazie alle confidenze del boss Luigi Ilardo, pronto a collaborare con la giustizia, era a un passo dall’arresto del padrino corleonese. Ilardo il 28 ottobre del 1995 annunciò che di lì a pochi giorni avrebbe incontrato il capomafia. Riccio avvisò l’allora numero due del Ros Mario Mori che ” stranamente non ebbe alcuna reazione”. La mancata cattura di Provenzano, per l’accusa, è uno dei capitoli del patto stretto da pezzi dello Stato con la mafia. Il boss che avrebbe avuto contatti col Ros, infatti, avrebbe patteggiato, tra l’altro, la sua impunità, in cambio della fine delle stragi. Riccio ha raccontato di avere comunicato al Ros di Mori tutti i dati utili per la cattura: Ilardo, che sarà poi ucciso, incontrò il capomafia il 31 ottobre in un casolare di Mezzojiuso, nel palermitano. I carabinieri sostennero, però, che organizzare un blitz in pochi giorni non era possibile e nei giorni seguenti, nonostante, Riccio gli avesse indicato il luogo dell’incontro tra Ilardo e Provenzano e fornito indicazioni sui favoreggiatori, avrebbero opposto scuse pretestuose per non intervenire. Oltre a indurlo a non fare relazioni di servizio sulle confidenze ricevute da Ilardo. (ANSA).

 

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