Trizzino, il medico-onorevole: | "Divieto di morire" - Live Sicilia

Trizzino, il medico-onorevole: | “Divieto di morire”

Il deputato del M5s commenta l'aggressione ai danni di quattro medici dopo la morte di un neonato.

LA LETTERA
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5 min di lettura

Riceviamo e pubblichiamo da Giorgio Trizzino, medico palermitano, neo deputato nazionale del Movimento 5 stelle:

Nella nostra società sembra farsi strada il ‘divieto di morire’. È quello che quotidianamente constatiamo negli ospedali, nelle case di riposo, nelle abitazioni dove si trovano malati terminali, nella cultura di tanti uomini e donne del nostro tempo.

La morte di un bambino in fase terminale ovviamente fa più male di quella di un anziano giunto ormai al termine della propria esperienza di vita. Quanto accaduto ieri all’Ospedale dei Bambini conferma in pieno la regola.

Un piccolo prematuro con un tumore inoperabile è stato comunque sottoposto ad intervento chirurgico nel tentativo estremo di salvargli la vita. In questi casi il consenso dei genitori è indispensabile come anche obbligatoria è la dettagliata spiegazione sulle condizioni cliniche e sulla prognosi (in questo caso infausta) che deve essere effettuata prima di procedere. I genitori dopo avere appreso che i margini di riuscita dell’intervento erano veramente minimi hanno comunque accettato che il piccolo venisse operato.

L’intervento pur essendo stato portato a compimento non ha consentito al piccolo di sopravvivere ed ecco allora che è scattata la reazione del padre che ha aggredito i medici.

Non è la prima volta che assisto a queste scene e mi sono sempre chiesto se tali reazioni fossero determinate da un dolore talmente profondo da non trovare contenimento o se invece fossero la manifestazione di una cultura che impone la dimostrazione della propria ‘maschilità’ davanti alla famiglia ed alla società.

Propendo per questa seconda ipotesi.

La violenza non ha mai motivo di essere esercitata ancor meno nei confronti di medici e sanitari che si stanno adoperando per salvare la vita di un altro uomo, donna o bambino. Eppure questo accade sempre più spesso e quello che fa ancora più male è assistere alle bieche speculazioni legali e spesso giornalistiche che ne derivano.

Parlo di una cultura del risentimento e spesso dell’odio, fomentati nei confronti di una categoria professionale che non ha vetri blindati che la proteggono dalle continue aggressioni e che deve fare i conti troppo spesso con utenti affetti da una gravissima forma di incultura e di ‘violenza geneticamente modificata’. Una violenza che nasce spesso dalla incapacità di comprendere quando è necessario fermarsi davanti all’evoluzione di una malattia incurabile e dire basta all’accanimento terapeutico.

Non sapersi fermare spesso induce a chiedere ai medici di andare avanti comunque anche a discapito della qualità di vita del malato che deve subire trattamenti inutili e talvolta nocivi.

Conosco la Dottoressa Gloria Pelizzo, direttore del Reparto di Chirurgia Pediatrica dell’Ospedale dei Bambini, e sono consapevole del cambiamento che ha introdotto in questo anno e mezzo di attività a Palermo, grazie all’utilizzo di tecniche chirurgiche innovative e ad una umanizzazione dell’accoglienza e della gestione dei piccoli pazienti. Tali cambiamenti hanno consentito all’Ospedale Pediatrico Di Cristina di diventare un punto di riferimento a livello nazionale. Il garbo e la competenza di Gloria Pelizzo sono le sue uniche armi che ho visto utilizzare sempre con successo.

L’equipe che la coadiuva è di elevatissima qualità, così come di straordinaria eccellenza sono tutti i reparti ed i professionisti che operano nell’intero Presidio Di Cristina e che sono stati oggetto negli ultimi anni di aggressioni ed insulti che ormai non possono essere più tollerati.

Palermo e la Sicilia devono iniziare a riscattarsi anche da un punto di vista culturale. Una città che è stata indicata quale capitale della cultura non può consentirsi derive di questo genere. La cultura si deve estendere a ciascuno di noi e non solo ai monumenti del nostro centro storico.

Essere capitale della cultura deve significare molto di più, cominciando dalla cultura della tolleranza e dell’integrazione, continuando poi alla cultura del rispetto degli altri e proseguendo infine verso la cultura della vita e della morte.

Tutti i cittadini di Palermo (e non solo l’Ospedale) dovrebbero costituirsi parte civile nei confronti di questo tipo di reato, tornando in sostanza ad indignarsi ogni qualvolta viene lesa ed oltraggiata la dignità di ciascun uomo, donna o bambino.

Non dobbiamo consentire speculazioni di alcun tipo nei confronti della classe medica e contrastare in ogni modo quel fenomeno indecoroso di avvocati che ho personalmente trovato nelle corsie di degenza a proporre ai pazienti ed ai loro familiari azioni legali prive di ogni fondamento giuridico.

Per superare questo stallo culturale, questa barriera di divisione tra operatori e utenti, c’è bisogno di tutti: della politica, che sappia lanciare una vera riforma organizzativa del sistema, adeguandolo al nuovo quadro sociale ed epidemiologico; delle organizzazioni sanitarie, che debbono mostrare sensibilità consapevole dei problemi di tutti i protagonisti del sistema; della stampa, che non colpevolizzi le strutture e gli operatori proprio nei momenti di massima crisi; degli operatori, che sappiano comunicare con gli utenti; degli utenti, che sappiano apprezzare e preservare  il bene prezioso del nostro welfare e i suoi eccellenti operatori. L’ospedale è solo un pezzo della catena e delle cause.

E’ miope cercare i problemi della violenza sugli operatori sanitari solo all’interno delle strutture. Basti pensare all’indotto della responsabilità professionale sanitaria e alla medicina difensiva per capire che trattasi di un vero e proprio cortocircuito culturale di un Paese in profonda crisi. Occorre investire in comunicazione, soprattutto, per quanto attiene alle Aziende Sanitarie e all’Assessorato alla Salute,  tra personale sanitario ed utenti, per ripristinare un clima di fiducia e di rispetto che si è andato perdendo, talora immotivatamente.

E’ un momento troppo critico e qualunque sia la scelta finale circa il finanziamento integrale del sistema, non si potrà prescindere dalla tutela del sistema pubblico di welfare, che solo potrà prendersi carico dei più fragili, destinati purtroppo ad aumentare, vista la congiuntura economica che stiamo attraversando.

Oggi il nostro meridione ha la necessità di contenere i costi legati alla mobilità passiva che ogni anno costano alla sola Sicilia quasi 400 milioni di euro. Con questi fondi potremmo realizzare miglioramenti strutturali e soprattutto consentire alle migliaia di cittadini siciliani di venire curati nei centri di eccellenza che dovrebbero coincidere con le Aziende di Rilievo Nazionale e di Alta Specializzazione (ARNAS).

L’Ospedale dei Bambini Di Cristina, in quanto parte integrante dell’ARNAS di Palermo, si proietta verso il futuro e cerca con fatica e costanza di proporsi quale centro di riferimento per tutta la pediatria del centro-sud.

Aiutiamolo tutti, nessuno escluso!

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