PALERMO – “Attività istruttoria” dicono nei corridoi del Palazzo di giustizia di Palermo con l’obiettivo di proteggere l’ultima tappa dell’inchiesta sull’intercettazione Tutino-Crocetta, quella dello scandalo e delle polemiche legate alla frase fantasma (?) con cui il chirurgo plastico spiegava al presidente della Regione che Lucia Borsellino “va fatta fuori. Come suo padre”, davanti ad un governatore rimasto in silenzio.
Negli uffici giudiziari pressoché deserti il procuratore Franco Lo Voi e l’aggiunto Leonardo Agueci non sono ancora in pausa estiva. Due giorni fa, nel pomeriggio, c’è stato un lungo interrogatorio. Impossibile sapere chi abbia risposto fino a sera alle domande dei pubblici ministeri. Di certo non è stato un giornalista e forse neppure un politico. Perché le indagini si sono spostate anche sul fronte politico e cioè in quell’ambito dove il tam tam sulla frase dello scandalo si era fatto incessante, specie dopo l’arresto di Matteo Tutino.
Non è un caso che la prossima settimana, anche se non è ancora stato fissato il giorno, i magistrati ascolteranno il giornalista de La Sicilia, Mario Barresi, che per primo aveva scritto dei rumor sull’intercettazione in cui qualcuno sosteneva che la Borsellino andasse fatta fuori. Politicamente, però. Qualche settimana dopo, l’Espresso avrebbe pubblicato la trascrizione sostenendo che i due cronisti avessero ascoltato la frase cruciale “come suo padre” seguita dal silenzio del presidente della Regione.
Che nei palazzi della politica girassero con insistenza le voci sull’esistenza dell’intercettazione non ne aveva fatto mistero neppure il deputato regionale del Pd, Pippo Di Giacomo, presidente della commissione Sanità dell’Ars. Barresi una di quelle voci l’ha raccolta e registrata e ripeteva le stesse parole poi pubblicate dall’Espresso. Per la verità bastava gravitare appena nei due contesti, politico e giudiziario, per rendersi conto che in tanti erano certi che lo scandalo fosse dietro l’angolo. Dagli inquirenti, però, non arrivavano conferme, ma secche smentite. Infine, la trascrizione fu pubblicata dal settimanale e poi smentita dalle procure di Palermo, Caltanissetta, Catania e Messina.
L’intercettazione è agli atti delle indagini. Dunque, se esistesse davvero, non sarebbe stata autorizzata da alcuna autorità giudiziaria. Piero Messina e Maurizio Zoppi, i due cronisti de L’Espresso che ne ha sempre difeso la correttezza dell’operato, sono indagati per diffusione di notizie false e il solo Messina anche di calunnia. Chi è il calunniato, cioè l’uomo che sarebbe stato accusato falsamente di avere rivelato la notizia? Un ufficiale del Nas, un magistrato o chi altro?
Di certo c’è che il procuratore Lo Voi si occupa in prima persona dell’inchiesta con l’obiettivo, mai dichiarato naturalmente, di blindare le indagini. Non ha delegato ad altri “l’attività istruttoria”, compreso l’ultimo interrogatorio, e ha voluto che fosse Agueci, uno dei più esperti della Procura, a salire su un areo per accogliere l’investigatore, e possibile fonte, appena rientrato da una crociera. L’aggiunto gli ha chiesto conto e ragione di tante cose. In Procura sembrano avere le idee piuttosto chiare su cosa sia avvenuto.

