Raffaele Lombardo decide di scendere dallo spiedo su cui gli alleati stavano rosolando a fuoco lento il suo governo. E azzerala sua giunta dicendosi pronto a presentarne una nuova fatta di tecnici e politici entro 48 ore. Si apre una crisi al buio a pochi giorni dal voto con la Regione che sprofonda in un baratro di incertezza totale. “Si scrive un nuovo programma e lo si sottoscrive – ha spiegato Lombardo in un’affollata conferenza stampa a Palazzo d’Orleans -. E quel programma vale per chi sta in giunta, per chi siede in Aula, vale anche a Roma e a Bruxelles”, ha aggiunto con un riferimento alla vicenda dei fondi Fas non assegnati alla Sicilia dal governo Berlusconi. Un programma che dovrà partire da alcune priorità, che Lombardo passa in rassegna, dalla “sburocratizzazione” alle accise petrolifere da assicurare alla Sicilia, dalla liquidazione degli enti economici alla riforma degli Ato.
Il presidente chiude così una fase di scontri e polemiche all’interno del centrodestra, una ridda di accuse e insulti che si era esasperata in queste settimane di campagna elettorale: “Mille segnali ci impongono di effettuare una revisione di quanto costruito, perché andando avanti così non si fa l’interesse della Sicilia”, ha esordito Lombardo, che ha parlato anche di “rilievi poco istituzionali” anche da parte di qualche assessore, “che non potrà più collaborare con me”.
Insomma, il leader autonomista dice basta ed esercita le sue prerogative di presidente eletto: “Il governo che ho avuto l’onore di presiedere scaturisce da un accordo politico ma è anche il frutto di una scelta del presidente eletto direttamente dai cittadini”, ha ricordato.
Dopo il muro contro muro con Pdl e Udc, Lombardo intende voltare pagina (”Questa casa va rasa al suolo e ricostruita”), ma senza “ribaltare le alleanze”. I numeri all’Ars, però, sono quelli che sono. L’Udc ha già fatto sapere che ci sono “stretti margini” per continuare a stare insieme, quanto al Pdl è noto l’indice di gradimento di Lombardo nell’ala alfano-schifaniana del partito. Ai giornalisti che chiedono se potrà entrare il Pd nella nuova giunta, Lombardo risponde negativamente, ma ricorda: “Ci presenteremo all’Assemblea dove molte leggi sono passate col concorso di tutti e con la spinta di chi non era maggioranza”. Un’osservazione che sembra auspicare un appoggio in Aula anche da forze esterne al governo. Insomma, un esecutivo “del Presidente” minoritario che peschi nell’opposizione i voti che di volta in volta servono per andare avanti. Un piano quanto mai ambizioso e complicato.
Quanto alla nuova giunta, che Lombardo definisce “dell’autonomia per lo sviluppo e le riforme”, il governatore sottolinea che “intende ripartire da una forte alleanza sociale con le forze produttive e del lavoro”. Lombardo ha chiesto le dimissioni di tutti gli assessori entro le 14 (”Sei-sette lo hanno già fatto, con alcuni non ho ancora parlato”). Poi lavorerà alla nuova giunta e sentirà, ha detto, Silvio Berlusconi. Di certo, la strada è ormai segnata, e Lombardo lo ribadisce senza giri di parole: “Io un passo indietro non lo faccio”.
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