Leoluca Orlando, il gran Misirizzi, il personaggio dalle fondamenta ovali che più lo mandi giù e più si tira su. I palermitani scrivono cose trucide di lui sui muri del web. Lo criticano per la munnizza, per le strade scassate, per il decoro fatiscente, perché lo accusano di pensare più alle brioche che al pane, per la pettinatura, per la stiratura della fascia tricolore…
E poi, quando fisicamente se lo trovano davanti – è accaduto al partecipatissimo e apprezzatissimo Festino – lo premiano con gli applausi, rendendo minoranza i dissensi, come è accaduto nell’ultima occasione. Perché? Perché avvertono di essere al cospetto di uno che, comunque, è già passato alla storia e parrebbe male imbrattarne il monumento? Si può criticare di faccia a faccia Giuseppe Garibaldi? O forse perché sono intimiditi da uno che, pur sempre, ha studiato in Germania? Per soggezione con relativa distribuzione di inginocchiatoi al concreto manifestarsi del potere? Per affetto? Chissà, resta il mistero. Alcuni palermitani di scoglio e di mare aperto, nel senso che si trovano benissimo qui, ma saprebbero solcare onde altissime, provano a cercare una risposta. Sono stati convocati fra taccuino e memorie personali, senza onta per gli eventualmente assenti.
“Il fenomeno affonda nell’irrazionalità – dice l’avvocato Ennio Tinaglia, penna prestata a LiveSicilia.it -. Orlando è il solo personaggio pubblico che, nonostante la polemica con Giovanni Falcone, sia riuscito a mantenere integra la sua immagine di icona dell’antimafia. Orlando è un fenomeno, un enigma, un unicum. Non si spiega”. L’avvocato ricorre all’occultusmo politico a ciò che esiste in forma di paradosso o di teorema che arriva a dimostrazione con i suoi strappi.
Argomenta Pippo Russo, altro commentatore di queste colonne: “Perché per il palermitano il Festino è un mondo magico, intoccabile, quasi separato dalla quotidianità con i suoi malanni e le sue sofferenze. Il tentativo di rincorrere un’identità di popolo che, diciamoci la verità, si stenta a rintracciare ma di cui si avverte il bisogno. Ma c’è secondo me un’altra ragione: se da un lato cresce la protesta per le cose che non vanno dall’altro lato è cresciuta la consapevolezza che Palermo non si salva senza i palermitani, che anche un buon sindaco, e Orlando ce la sta mettendo tutta nonostante il taglio continuo delle risorse e chi rema contro, senza una rivoluzione culturale tra i cittadini, che passa dal rispetto delle regole e dalla cura collettiva dei beni comuni, è destinato a fallire. Ognuno, a cominciare ovviamente dall’amministrazione, deve fare la propria parte se si vuole una città più vivibile, non si scappa”. E c’è l’immagine di una comunità in cammino che si muove, oltre gli steccati del Teatro Massimo, per protendersi, faticosamente, verso le periferie in penombra.
Alessandro Amato, direttore di Trm: “Forse perché davanti alla Santuzza diventiamo tutti più buoni. Chiarisco: Leoluca Orlando è il miglior sindaco che abbia visto in cinquantadue anni, certamente pure per l’inconsistenza degli altri. E poi in queste circostanze lui si trova a meraviglia ed è vero che Palermo è invasa, per fortuna, dai turisti. Certo, ci sono i problemi quotidiani. E siamo un po’ rassegnati. Magari immaginiamo che nemmeno Superman potrebbe risolverli”.
Marco Pomar, che solca Facebook con le sue lettissime narrazioni paradossali, parla di ‘semplificazione’. “Leoluca Orlando è uno che lascia il segno. Piace a molti e non piace a tanti. L’importante è che se ne parli e lui questo lo sa perché è un leader”. Il Misirizzi che non affonda mai. Per cui sembrano al momento spuntate le armi polemiche di chi, come il leghista Igor Gelarda, ingaggia aspri duelli solipsistici col Professore sui social, o di chi, come l’onorevole grillino Giorgio Trizzino, pur riconoscendo “una lunga amicizia”, lo punzecchia con i post su Facebook.
L’Orlando percepito è un bersaglio ghiotto. L’Orlando ravvicinato fa incetta di battimani e vittorie elettorali. Quando accade che Palermo lo guarda in faccia e pensa che, nel bene e nel male, lei e Leo(luca) si somigliano moltissimo.