"Rabbia, vendetta e frustrazione..." | Perché una madre diventa assassina - Live Sicilia

“Rabbia, vendetta e frustrazione…” | Perché una madre diventa assassina

Dopo le accuse a una donna di Catania, parla lo psichiatra La Barbera.

Una madre che si fa assassina annerisce la cronaca nera. Come se si violassero i limiti dell’orrore. La mamma è la porta che accoglie il figlio, che lascia fuori la cattiveria del mondo. Quanto sgomento nello scoprire che può essere lei lo sguardo della violenza senza riparo.

La storia tragica di Catania e del bambino di tre mesi sbattuto per terra e ucciso da sua madre, una ragazza di ventisei anni, secondo le accuse e le notizie fin qui disponibili, richiama quell’acuto smarrimento. Tornano in mente, per involontarie associazioni di sangue, vicende collaterali già cristallizzate, mentre questa è ancora da chiarire. Veronica Panarello condannata per l’omicidio di Loris. Giusy Savatta, assolta dall’accusa di avere ucciso volontariamente, perché dichiarata incapace di intendere e di volere, dopo lo strazio delle sue figlie. Diverse le storie. Senza fondo il dolore che segue.

Della mamma di Catania le prime consulenze, battute da giornali e agenzie, offrirebbero il bollettino di un caos pregresso: “L’affettività appare molto disturbata. E’ presente uno stato depressivo, espresso con inibizione psicomotoria, appiattimento emotivo e assenza di risonanza emotiva alla realtà circostante. Non manifesta disperazione per la perdita o per la colpa”. “E’ stato un incidente, mia figlia amava tanto suo figlio, lo ha voluto con tutte le sue forze. Ha avuto un parto complicato, rimanendo ricoverata per dieci giorni dopo la nascita del piccolo. Aveva già sofferto da piccola per la perdita della madre. Era depressa e io avevo prenotato una visita specialistica per lei”. Queste le parole del padre della ventiseienne, riportate dall’Ansa.

Il professore Daniele La Barbera, psichiatra, direttore dell’Unità operativa complessa di Psichiatria del Policlinico e della scuola di specializzazione in Psichiatria della facoltà di Medicina dell’Università di Palermo, è abituato a scandagliare negli oscuramenti della mente, con sensibilità e competenza. Dunque, è cauto, come si conviene: “nel tratteggiare il problema in generale, a prescindere, sapendo poco del caso in questione, su cui non mi pronuncio… Comunque – dice il professore – non è possibile dare una spiegazione univoca a un’azione tremenda come quella di una madre che uccide suo figlio. Le tensioni che provocano un epilogo talmente drammatico sono varie”.

“Eventi di questo tipo – va subito al punto il professore La Barbera – ci scuotono più di altri. Infatti, contraddicono l’idea diffusa che la famiglia sia il contenitore protetto meglio e che la madre sia la persona maggiormente capace di custodire per istinto naturale. Un dato: su tre madri che uccidono, una soffre di un disturbo mentale certificato. Questo non significa che non ci siano problemi, disfunzioni, o conflitti. Ma è vero che la follia la consideriamo, talvolta, quasi come una necessaria clausola di sicurezza, nell’immaginario sociale, per metterci al riparo da qualcosa che, pensiamo, non accadrà mai”.

Ed è qui che si piomba nel buio. Perché succede, quando succede? Daniele La Barbera prova a rispondere: “Si tratta di fatti che, ovviamente, non hanno giustificazione, ma che possono dipendere da alcune motivazioni”. Il professore tratteggia un elenco sommario: “La vulnerabilità, la fragilità, la circostanza di non sentirsi adeguate al ruolo materno, una gravidanza non desiderata, la presenza di un’alta conflittualità col partner che può condurre a un’idea atroce di vendetta… L’esasperazione, parliamo, certo, di avvenimenti estremi e temperamenti specifici, può sfociare in una rabbia impulsiva e incontenibile, per esempio, durante il pianto di un bambino. Non è un fenomeno nuovo. Purtroppo, i figlicidi ci sono sempre stati”.

E si possono prevenire? Nemmeno l’uomo che prova a districarsi laggiù si sente al sicuro: “La prevenzione non è facile, non è semplice intercettare simili eventualità. Se ci si riesce, è necessario agire tempestivamente, prima che il disagio si trasformi nell’irreparabile. Altrimenti…”. Ma nessuno può sentirsi davvero al sicuro quando si chiude la porta. Quando si inabissa la mente di colei che doveva amare.

Il professore Daniele La Barbera

 

 

 

 

 

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