La corte d’assise di Palermo ha condannato a 28 anni di carcere Antonio Lo Monaco, a 20 anni Ignazio Ferrante e ha assolto Emanuele Ficarra che erano accusati di aver ucciso, durante un colpo in una farmacia il commesso, Paolo Cordova, il 16 novembre 2006 a Palermo. Il delitto suscitò molto clamore perché l’assassinio avvenne davanti a numerosi clienti. I rapinatori furono arrestati quasi un anno dopo grazie al contributo fornito alle indagini dalle immagini riprese dalle videocamere a circuito chiuso della farmacia e alle intercettazione delle conversazioni di alcuni pregiudicati, estranei alla rapina, ma a conoscenza dell’episodio.
Lo Monaco era stato scarcerato nell’agosto 2006, grazie all’indulto. Il gruppetto avrebbe fatto parte di una banda specializzata in rapine a banche e uffici postali. Cordova, 45 anni, una moglie e un figlio, fu ucciso per essersi frapposto tra i rapinatori e la cassiera della farmacia Ruffino del quartiere di Passo di Rigano, presso la quale lavorava. I giudici hanno anche ordinato il risarcimento del danno a favore delle parti civili, con provvisionali che vanno da 50 a 100 mila euro.
Il fratello della vittima: “Mi aspettavo una pena più pesante”
“Mi aspettavo di più. I giudici avrebbero potuto infliggere sicuramente una pena più pesante”. Lo dice Giuseppe Cordova, fratello di Paolo il commesso ucciso il 16 novembre 2006 a Palermo, commentando la condanna a 28 anni di carcere Antonio Lo Monaco, a 20 anni Ignazio Ferrante accusati di averlo ucciso, durante un colpo in una farmacia. “Mi lascia soprattutto perplesso – aggiunge – l’assoluzione di Emanuele Ficarra. So soltanto che mio fratello è morto e che i colpevoli non hanno avuto l’ergastolo”.
CREDO SAREBBE OPPORTUNO CHE IL COMANDANTE GENERALE DELL’ARMA DEI CARABINIERI, GENERALE DI CORPO D’ARMATA, TEO LUZI, COSÌ COME HA FATTO PER IL CASO CUCCHI, PER ESEMPIO, ROMPESSE IL SILENZIO E DICESSE DUE PAROLE, ANCHE DI CIRCOSTANZA, SUL CASO IN ESAME. COSÌ, FORSE, LA FAMIGLIA ED IN PARTICOLARE LA VEDOCA DEL MARESCIALLO, SI SENTIREBBERO MENO SOLI. DALTRONDE IL DEFUNTO ERA UN CARABINIERE E NON UN CARABINIERE QUALSIASI, UNO CHE HA PORTATO LUSTRO ALLA BENEMERITA E QUINDI SAREBBE OPPORTUNO CHE IL GENERALE LUZI, DICESSE, COME PER IL CASO CUCCHI, CHE I RESPONSABILI, QUALORA INDIVIDUATI, PAGNERANNO. L’ARMA LO DEVE ALLA FAMIGLIA LOMBARDO. IMPERATIVO CATEGORICO:- USCIRE DAI RUMOROSI SILENZI CHE CELANO UN’OMERTA’ DI STATO, INTOLLERABILE.
ED IO SO BENISSIMO CHE IL GENERALE LUZI NON È UN OMERTOSO, QUINDI, ATTENDIAMO