PALERMO – Doveva servire per “ricucire” e invece ha creato nuovi strappi. Doveva tornare utile per puntellare la maggioranza, ma rischia di provocare nuove divisioni e clamorose defezioni. Il rimpasto voluto dal presidente Crocetta lascia in giro macerie e tensioni. Rivendicazioni e proteste. Lotte intestine e possibili sorprese all’orizzonte. Del Pd, lacerato tra l’area dei cuperliani rappresentata dal segretario regionale Raciti e il resto del partito, abbiamo già diffusamente detto in questo articolo di Claudio Reale. Ma il rischio che il governatore perda pezzi importanti a sostegno del suo governo, adesso, è fortissimo.
Perché questo rimpasto ha provocato problemi serissimi anche dentro l’Udc. Dove sta sorgendo una vera e propria fronda, contro il presidente nazionale del partito Gianpiero D’Alia. Una reazione forte, quella di parte del gruppo parlamentare all’Ars, che non avrebbe gradito le manovre del leader siciliano del partito. Il “casus belli” sarebbe legato alla riunione tra i vertici del partito e appunto i deputati regionali. Un incontro “propedeutico” a quello decisivo col governatore: quando i partiti che hanno seguito l’accelerazione di Crocetta, hanno anche presentato i nominativi degli assessori graditi. Ecco, i due nomi dell’Udc sarebbero stati scelti direttamente da D’Alia. In controtendenza con quanto deliberato dal gruppo parlamentare. Il nodo era legato, più che alle persone, alla “natura” stessa degli assessori.
“Se non ricordo male – racconta un parlamentare dell’Udc all’Ars – abbiamo chiesto a Crocetta di cambiare la giunta proprio perché sentivamo la necessità di una caratterizzazione maggiormente politica del governo. Che senso ha confermare uno dei tecnici uscenti?”. La deliberazione del gruppo parlamentare, infatti, chiedeva l’azzeramento della rappresentanza dell’Udc nel governo, e la sostituzione con due esponenti “politici” seppur non deputati. Si era decisa anche una sorta di rappresentanza geografica: un assessore doveva rappresentare Palermo, un altro Catania.
Ma stando sempre al racconto di alcuni deputati, D’Alia avrebbe deciso di fare di testa sua. Riproponendo la Valenti, oltre a Nico Torrisi. Da lì, ecco la fronda nell’Udc. Che coinvolgerebbe diversi deputati: certamente il presidente della commissione bilancio Nino Dina e il deputato trapanese Mimmo Turano. Ma scontenti sarebbero anche il capogruppo Calogero Firetto e i deputati Margherita La Rocca Ruvolo e Orazio Ragusa.
Turano, dire il vero, da un lato getta acqua sul fuoco, dall’altro rilancia: “Io, considerandomi un uomo di pace – dice – mi auguro che si possa arrivare a un chiarimento con i vertici del partito. In caso contrario? Nessuna intenzione di lasciare il partito: il vero Udc siamo noi”. Ed è proprio in questo passaggio che sta il “cuore” della questione. I parlamentari potrebbero mettere in discussione la stessa leadership di D’Alia. E conseguentemente il sostegno stesso al governo Crocetta, visto che la rappresentanza dell’Udc in giunta non rappresenta, appunto, il gruppo parlamentare. Così, il governo regionale potrebbe trovarsi, in un solo colpo, con altri deputati in più all’opposizione. Oltre a quelli dei cuperliani del Pd.
Ma i guai non finiscono qui. A caldo, dopo la ufficializzazione dei nomi, il leader di Articolo 4, Lino Leanza si diceva “fortemente perplesso” sull’identikit dell’esecutivo. Una frase apparentemente sibillina. Chiarita dalle voci che provengono da ambienti interni al partito. Come è noto, infatti, nel corso degli incontri sul tema del rimpasto, Articolo 4 ha costantemente chiesto una rappresentanza in giunta proporzionale alla forza numerica del partito all’Ars: due assessori a fronte dei dieci deputati, che fanno di Articolo 4 il secondo partito di maggioranza, dopo il Pd. Leanza e Sammartino, così, non hanno affatto gradito l’ostinazione con la quale il presidente ha concesso loro un solo assessore: uno in meno dell’Udc, gruppo nel frattempo divenuto più esiguo rispetto a quello guidato da Sammartino (e ulteriormente diviso, come abbiamo detto. L’accelerazione di Crocetta, però, ha quasi obbligato la nuova forza politica ad accettare le condizioni del governatore. A malincuore. E solo a un patto: se l’assessore deve essere uno solo, la delega sia almeno di quelle “pesanti”. E Articolo 4 avrebbe avanzato anche una proposta chiara: l’assessorato all’Agricoltura. Che invece il presidente sembra orientato ad affidare a Patrizia Valenti. Una mossa che, stando sempre a quanto filtra dal partito, potrebbe spingere gli uomini di Leanza a una scelta clamorosa: quella di ritirare il proprio assessore (Paolo Ezechia Reale) e automaticamente il sostegno al governo. Che si troverebbe senza dieci deputati in maggioranza. E meno male che il rimpasto avrebbe dovuto “riappacificare” i partiti.