Ultima fermata, Termini - Live Sicilia

Ultima fermata, Termini

Il corteo della Fiom
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“Caro Sacconi, ricordi che noi siamo un sindacato che difende i diritti dei lavoratori non firma sempre e comunque accordi con le imprese”. Giovanna Marano, segretaria regionale Fiom Cgil grida con tutta la forza che ha al microfono di piazza Duomo a Termini Imerese. Grida dall’inzio alla fine del suo intervento, al termine del corteo indetto in occasione dello sciopero generale dei metalmeccanici, che hanno manifestato oggi in tutta Italia. Qualche minuto prima, camminando per le strette vie di Termini, Giovanna Marano aveva detto che nel 2010 sull’Isola si erano contate “ventitré milioni di ore di cassa integrazione, metà delle quali compiute dai soli metalmeccanici”. Più tardi, davanti al portone del Comune, la segretaria Fiom sembra condensarle tutte nelle sue parole quelle ore interminabili: chiedendo “risposte concrete ed esigibili, anche dal governatore Lombardo perchè non vogliamo un paio di accordi. Lottiamo per un piano industriale che sia forte”; e dicendo “no a questo tipo di politica, che dimentica che nel nostro paese ieri sono morte sei persone sul luogo di lavoro”.

Un tono non molto diverso da quello usato da Alessandro Rini, giovane lavoratore dell’indotto di Termini. Lui non avrebbe mai firmato l’accordo di Mirafiori: “Non ci saremmo mai piegati. Si tratta di colpire i nostri diritti, di colpire trent’anni di lotta. Il sindacato ci è vicino, ma ci sentiamo abbandonati dalla politica: da sei mesi non si parla altro che della casa di Fini o delle serate di Berlusconi”, ha detto mentre sfilava, in testa al corteo. Le parole e la consapevolezza sembrano le stesse, ma le frasi di questo operaio della Fiat sono pronunciate a fatica. L’azienda se ne andrà da Termini a fine 2011. E lui è uno dei 2200 operai che la Fiat invece ha lasciato qui: “L’unica certezza che abbiamo – ha concluso – sono sette proposte”. Sette proposte per riconvertire lo stabilimento. “Ancora non abbiamo conosciuto un piano industriale, non possiamo giudicare adesso” ha precisato però Roberto Mastrosimone, segretario provinciale Fiom.

Per la Cgil il numero dei partecipanti si aggira intorno ai 7000. “una decina di pullman da Palermo e una quarantina da tutta l’isola” ha precisato Mastrosimone. E dietro gli striscioni sfilano i metalmeccanici di Agrigento, Trapani, Messina, Catania, Ragusa. Alcuni operai sono arrivati anche da Gela. Tra di loro Gianfranco, che lavora alla raffineria: “Degli investimenti sull’innovazione che dovevano arrivare – spiega – ancora non c’è traccia”. Niente innovazione, niente competitività, ma anche meno sicurezza: “E’ l’unico stabilimento che brucia ancora pec-coc (carbone), altamente tossico. La percentuale di persone affette da tumori è molto alta a Gela” ha concluso l’operaio con un mezzo sorriso amaro. Più avanti nel corteo anche gli operai Keller: “Abbiamo la sensazione che gl amministratori Keller vogliano defilarsi” ha commentato Gaetano Vragna, sindacalista Fiom, che ha raccontato come all’ultimo incontro dell’azienda Keller con il Ministero e il governatore Lombardo, sia passata la proposta di un finanziamento di 15 milioni all’Unione Europea. “A cosa gli servono quei soldi se vogliono chiudere, per la riconversione?” si è domandato retoricamente.

Gli operai hanno inoltrato la richiesta di un incontro al governatore siciliano, ma se entro lunedì non avranno risposta ritorneranno davanti a palazzo d’Orleans, per chiedere un confronto immediato. Si sentono “presi in giro” perchè “da tre mesi discutiamo con Lombardo di una soluzione senza la Keller. Adesso veniamo a sapere queste cose mezzo stampa” ha aggiunto Massimo Buttitta, anche lui sindacalista Fiom, anche lui in marcia nel corteo che procedeva in salita per via Armando Diaz. Qui del corteo, ridotto a una fila molto stretta, non si riusciva a vedere né inizio né fine. Sopra le teste dei manifestanti, le bandiere rosse della Fiom, della Cgil, qualcuna anche dei Cobas. E ancora Rifondazione Comunista, Sinistra Ecologia e Libertà, Italia dei Valori, ma anche quelle dei più giovani, appartenenti ai centri sociali e ai movimenti studenteschi: volti di tutte le età. “Grazie ragazze, grazie ragazzi, il disagio è analogo per noi e per voi”, dirà poi la Marano, in piazza. “In Italia in questo periodo c’è un attacco alla Costituzione che si riflette poi in un attacco alle fasce più deboli, che comprendono sia gli operai che gli studenti. Noi avremo un’università più autoritaria e meno democratica: una situazione che stanno vivendo anche altre categorie” ha motivato la sua presenza Fausto Melluso, coordinatore del Mdu (Movimento degli universitari) e membro del Senato accademico dell’ateneo di Palermo.

Ma anche gli studenti medi hanno sfilato accanto ai metalmeccanici: studenti provenienti dall’Umberto, dal Garibaldi, dal Maiorana e dal Vittorio Emanuele III. “Gennaio è stato intenso, abbiamo avuto molte verifiche da sostenere, ma non ci fermiamo con le mobilitazioni: ci sentiamo in uno Stato che riesce a comunicare solo attraverso la repressione” ha spiegato Danilo Lo Iacono, coordinatore degli Studenti medi Palermo. Tra gli striscioni dei più giovani, sfilava anche un ragazzo dal mantello leopardato alla guida di un’auto di cartone decisamente retrò: “Gli investimenti in innovazione e in ricerca della Fiat si sono fermati ai tempi dei Flinstones” stava scritto in un cartellone. Anche Enzo Masini, della segreteria nazionale Fiom, più tardi ringrazierà gli studenti davanti alla folla, alla quale porrà anche un quesito: “A Termini non si poteva più produrre perchè i pezzi non potevano attraversare il mare. Adesso arrivano dagli Stati Uniti. Che concezione ha Marchionne della geografia?”. E individua i motivi di questa scelta altrove: “Sette milioni e mezzo di finanziamenti pubblici dal governo americano;750 milioni di contributi dalla Serbia, 10mila euro per ogni nuova assunzione. Qui il salario di un metalmeccanico è solo di 400 euro” snocciola Masini, che parla di un “attacco mai visto al contratto dei lavoratori”.

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