PALERMO – “Io, fossi in lei, mi sarei già dimesso. Questo voglio che sia chiaro”. Così parlava Rosario Crocetta. Era il 12 settembre scorso e “lei” era Mariarita Sgarlata, allora assessore regionale al Territorio. Il governatore aveva portato in procura le carte relative all’ispezione disposta dall’assessorato ai Beni culturali sulla piscina nella villa siracusana della Sgarlata, autorizzata dalla sovrintendente Beatrice Basile, che dalla Sgarlata era stata nominata. Gli ispettori dell’assessorato avevano ravvisato delle ombre nella pratica, valutazione che aveva portato alla sospensione della Basile, successivamente riabilitata e reintegrata. Il caso aveva spinto la Sgarlata alle dimissioni. “L’assessore ha peccato di leggerezza politica”, commentava a caldo, prima del passo indietro dell’assessore siracusano, lo stesso Crocetta, che sentì anche il bisogno di precisare: “In 40 anni di attività politica non ho mai costruito piscine né ho mai abitato in ville stile liberty”.
Oggi il caso della piscina prefabbricata è arrivato a un epilogo. La Procura di Siracusa ha avanzato al gip richiesta di archiviazione del fascicolo su presunte irregolarità nella costruzione della piscina. Le indagini hanno permesso di evidenziare, come si legge in una nota della Procura “che i funzionari della Soprintendenza di Siracusa e dei competenti Uffici del Comune di Siracusa che hanno emanato i provvedimenti autorizzatori richiesti dalla dottoressa Sgarlata hanno operato nel pieno rispetto della normativa urbanistica, edilizia e di settore oltreché nell’osservanza di disposizioni amministrative interne”.
L’affondo sulla piscina si è rivelato un clamoroso buco nell’acqua. Gli ambientalisti siracusani da subito parlarono di “resa dei conti politica”. E la stessa Sgarlata inquadrò la vicenda nell’ambito “di uno scontro che a Siracusa in questi anni ha visto protagonisti associazioni, cittadini a difesa della città e del suo inestimabile paesaggio da una parte e alcuni imprenditori, tesi a garantirsi porzioni di quel territorio per nuove edificazioni, dall’altra”.
Il curioso caso della piscina “abusiva” che abusiva non era attirò anche la curiosità dei media nazionali. Crocetta, dopo le dichiarazioni a caldo sopra citate, mitigò il tono delle sue affermazioni parlando di garantismo e presunzione di innocenza. Ma la Sgarlata tolse il disturbo, lasciando spazio al giovane consigliere comunale di Rosolini Piergiorgio Gerratana. Indicato dai renziani siracusani (in vista delle poi perse suppletive), visto che la Sgarlata rappresentava in giunta proprio il gruppo vicino al premier. L’ex assessore in quei giorni puntò il dito contro Pippo Gianni e il suo gruppo politico siracusano. L’allora deputato regionale respinse le accuse annunciando querele. Gianni era esponente dei Drs, partito che esprimeva l’assessore pro tempore ai Beni culturali (Pina Furnari), ma anche partito di Michele Cimino, il politico più vicino al dirigente che avviò ispezione e rimozione della Basile, Rino Giglione.
“Su quanto successo all’ex assessore Sgarlata e a Beatrice Basile, qualcuno deve pagare – attacca ora il sottosegretario Davide Faraone, leader dei renziani siciliani, parlando all’Adnkronos -. In Regione il metodo Boffo è purtroppo diventato una prassi costante. Un metodo inaccettabile, che colpisce le persone perbene. Ora sono io che chiedo chiarezza. Basta impunità per chi organizza la macchina del fango”.
Pronta la replica, riportata dal sito della stessa agenzia, di Crocetta: “Ma quale metodo Boffo? Faraone forse è arrabbiato con i giornalisti per gli articoli pubblicati su un suo interrogatorio” (così la versione rettificata dall’Adnkronos, ndr).
Da Roma il governatore ribatte al sottosegretario renziano: “L’assessore Sgarlata non era adeguata al suo ruolo – dice all’Adnkronos – era un ragionamento politico. Cosa c’entra il metodo Boffo? Non sono il rappresentante del metodo Boffo e neppure mi interessa replicare. Anche perché è una valutazione generica, a me non me ne frega niente”. “Chissà, magari Faraone si riferiva al suo interrogatorio di ieri sera nell’ambito dell’inchiesta sulle ‘spese pazze’ che lo vede coinvolto. Ribadisco, non c’è stato alcun metodo Boffo. A me l’assessore non piaceva e basta”.
“La commedia del Governo Crocetta è ormai alla fine. Si è trasformata in una farsa. A questo punto è meglio chiuderla qui”, aveva commentato su Twitter il giorno in cui scoppiò il “caso” Antonello Cracolici del Pd. Ma la commedia non finì.