Pensa ci sia un complotto ai danni di Raffaele Lombardo, assicura di non aver litigato con Luigi De Magistris e non nasconde che gli piacerebbe fare il ministro dell’Interno. Gioacchino Genchi, il super-consulente informatico ribattezzato “uomo dei telefoni” e nuovo protagonista della video-chat di Livesicilia (curata da Andrea Cottone e Martina Miliani), non si mostra per nulla intimorito dalla telecamera e risponde alle domande inviate nei giorni scorsi dai lettori, che spaziano dalla politica alle note vicende giudiziarie che lo hanno visto coinvolto.
DE MAGISTRIS. Genchi nega incomprensioni con l’ex magistrato Luigi De Magistris, candidato al ballottaggio per la poltrona di primo cittadino di Napoli e già pm dell’inchiesta “Why not” che si avvaleva della consulenza proprio di Genchi: “Con lui sono in ottimi rapporti e gli faccio auguri per il ballottaggio, anche perché Mastella ha già detto che si suiciderà nel caso vinca lui, speriamo solo che si tolga dai piedi una volta e per tutte. Ho sempre esercitato le mie funzioni con lealtà, non sono mai stato un servo sciocco. Nell’inchiesta “Why not” ci sono state fra noi delle divergenze, non ero d’accordo a iscrivere nel registro degli indagati l’allora presidente del consiglio Romano Prodi perché secondo me non c’erano elementi per chiedere al Parlamento l’autorizzazione a usare i tabulati. Il pm è stato di diverso avviso e ha deciso di procedere, si è assunto le sue responsabilità e io le mie. Con De Magistris siamo amici e abbiamo lavorato tanto insieme, è un uomo dotato di grande onestà ma ha un atteggiamento intransigente verso i buoni consiglieri. A Napoli avrei preferito una prospettiva unitaria, la prima vittoria doveva essere proprio l’individuazione di una candidatura unitaria del centrosinistra, anche con tutte le persone per bene all’interno del centrodestra che credono nella legalità. Se avessero trovato una candidatura unitaria, a quest’ora avremmo festeggiato come abbiamo fatto a Torino e Bologna e come sicuramente faremo a Milano”.
CARRIERA POLITICA. “Mi sono sempre battuto per continuare a fare il mio lavoro, ho detto che sarei stato disposto a farlo gratis, avrei addirittura pagato”. Genchi rivela di aver rifiutato le candidature al Parlamento europeo e alle elezioni regionali e comunali ma non nasconde una piccola ambizione personale: “Al consiglio di disciplina ho parlato per sette ore dicendo che se fossi stato destituito, mi sarei impegnato al massimo per tornare al ministero dell’Interno dalla porta principale. Anche se non so suonare la pianola, posso entrare da quel portone a testa alta. Non nascondo che mi piacerebbe fare il ministero dell’Interno”.
SICILIA, MAFIA E PARTITI. Genchi, rispondendo alla domanda di un lettore sulla sua terra natale, la Sicilia, coglie l’occasione per articolare un ragionamento più ampio che coinvolge i partiti e la lotta alla mafia: “La Sicilia è un paradiso terrestre, sta a noi valorizzarla e fare diventare angeli quelli che ora sono diavoli. L’Isola ha pagato un alto prezzo di sangue, la resistenza alla mafia è partita da qui per estendersi poi in tutta Italia. Deve vivere il ricordo dei servitori dello Stato morti per un Paese migliore, bisogna rilanciare la coscienza civile e morale dei siciliani. Ma non può essere però il singolo partito a farlo, ci vuole una consapevolezza da parte di tutte le forze politiche. Mi spaventa quando il singolo partito diventa l’emblema della lotta alla criminalità, perché la legalità deve essere il carattere di qualunque soggetto. Qualcosa però sta cambiando in tutte le forze politiche, c’è una maggiore consapevolezza e un maggior rispetto per le istituzioni, grazie anche a importanti prese di posizione da parte di soggetti politici che tradizionalmente facevano da sponda a candidature esposte a collusioni e rapporti con la mafia. Basta guardare alle prese di posizione di Casini che ha mantenuto un atteggiamento intransigente su diversi temi e si è saputo liberare di presenze ingombranti. Palermo e la Sicilia hanno già avuto esempi di amministrazioni sane e di buon governo, non bisogna andare in Svizzera. La “Primavera di Palermo” con Leoluca Orlando è un’ esperienza da poter esportare, quando vado in Svizzera, nel Regno Unito o in Germania tutti mi chedono di quel periodo”.
BERLUSCONI. Alla domanda di un lettore se farebbe mai il ministro in un ipotetico governo Berlusconi, Genchi risponde subito di no: “Non me lo chiederà mia, e fin quando ci sarà Silvio Berlusconi il dialogo non sarà possibile col quel partito. Ci sono tante persone per bene che lo votano e che siedono in Parlamento per il Pdl, ma ci sono anche persone per male. Su Berlusconi potrei svolgere delle indagini, difficilmente potrei fare altro. Il premier ha dimostrato i suoi limiti perché non è stato intelligente. Ha ricevuto informative da collaboratori di cui erroneamente si fida e si fa rappresentare da un Capezzone qualunque. E’ un uomo che si fa estorcere denaro da Lele mora, con Fede che ci fa anche la cresta: in teoria, sono i più vicini a lui. E’ una persona sola, che merita di essere aiutato. Non provo rancore verso di lui, ma solo una grande e profonda compassione”.
CASTELLO UTVEGGIO. “Il mio vecchio cruccio è sempre stato non solo arrestare chi ha premuto il pulsante delle stragi, ma anche di individuare i mandanti e le menti. La mia ostinazione faceva paura, non mi basavo su pentiti e confidenti ma sui fatti e su un’esperienza ventennale. Quella del castello Utveggio è stata solo un’ipotesi di lavoro, non ho mai detto che con certezza il telecomando della strage di via D’Amelio sia stato azionato da lì. Il problema è che quando sono iniziate le indagini al castello sono spariti tutti, non ci hanno permesso di continuare. Io avevo individuato i cellulari che hanno seguito Falcone da Punta Raisi a Palermo, ma a Caltanissetta non mi hanno creduto e hanno chiesto l’autorizzazione a procedere che ha provocato incriminazione di Maira, poi prosciolto e santificato. Scarantino era inaffidabile, non si poteva pensare partecipasse a una riunione della Cupola, non si sarebbero mai fidati di un volgere ladro di auto”.
GIOVANI, “Hanno cercato di bloccarmi in tutti i modi ma con la rete e facebook mi sono difeso, ho parlato ai giovani che non vedono Porta a porta,Minzolini o Fede. Faccio continuamente incontri con giovani, uomini, donne, anziani, insegnati e disoccupati. Non guardo ai colori politici, sono anche stato a Taormina con i giovani de La Destra che mi hanno pure applaudito”.
LOMBARDO. Genchi non nasconde di credere che dietro l’inchiesta sul governatore siciliano Raffaele Lombardo ci sia un complotto, non ordito dai magistrati ma da chi gli passa le informazioni: “Se dico una cosa c’è sempre un motivo, ma per ora non posso dirlo. Il magistrato è come il cuoco che cucina gli alimenti che gli portano. I magistrati di Catania hanno cucinato la pietanza portata loro dal Ros. Se incrociamo le date delle indagini con quelle dei vari governi Lombardo, che hanno visto l’esclusione prima del’Udc, poi del Pdl e poi di Fds, ci sono delle perfette coincidenze. Penso che ci sarà molto da scrivere ancora su questa storia”.
VITRANO. “E’ stato un arresto plateale, è una vicenda che andrebbe letta in quadro molto più ampio, ovvero il business delle energia in Sicilia. Mi preoccupo perché la sensazione è che si cerchi un capro espiatorio, non ho mai visto la polizia fare indagini così spinte sulla pubblica amministrazione. Solitamente le fanno i carabinieri. Forse sono stati stimolati perché è in un partito all’opposizione a Roma”.
CAMMARATA. E sull’ipotesi di fare il sindaco di Palermo, Genchi glissa e auspica le dimissioni dell’attuale primo cittadino: “Dopo Cammarata ci vogliono dieci anni per bonificare la città, ci vorrebbe un commissario per due o tre anni. Il Pdl ha migliori energie da poter spendere, è un suicidio continuare a tenerlo lì”.
PROCEDIMENTI GIUDIZIARI. Conclude parlando dei procedimenti che lo hanno visto e lo vedono coinvolto, dei suoi rapporti con Pisanu e delle indagini portate avanti dal Ros: “Quando devono farti fuori aprono più procedimenti possibili. A Roma ce ne sono due, di cui uno chiuso con assoluzione chiesta dal pm perché il fatto non sussiste. Il capo di imputazione era l’illecita intrusioni in archivio tributario per ottenere informazioni su Giorgio Riolo del Ros o sulla moglie di Cuffaro. Sono stato processato per aver fatto il mio dovere e averlo fatto bene. La seconda inchiesta riguarda l’illecita acquisizione dei tabulati di alcuni parlamentari. Avrei organizzato complotto contro Pisanu, che non conoscevo ma stimavo perché da ministro dell’Interno nel 2003, quando fui denunciato da Cuffaro a Palermo e attaccato in Parlamento, mi ha difeso affermando la piena legittimità del mio operato. Era invece un complotto contro Pisanu. Non hanno trovato nulla nella mia vita privata, nemmeno un trans. Gli italiani si metteranno a ridere quando leggeranno le carte. Poi c’è una querela per diffamazione di Nello Rossi, procuratore aggiunto di Roma, mentre si è concluso un procedimento per truffa aggravata durato 2 anni e mezzo, in cui mi si accusava di lavorare per Milano mentre ero lì solo per una visita. I Ros hanno interrogato tutti i magistrati della procura di Milano, della corte di assise e di appello e quella generale per chiedere se mi avevano visto. C’era la grande preoccupazione di chi comanda i Ros che a Milano mi chiedessero di collaborare in un’indagine che poteva riguardarli. Appena arrivato a Palermo, che è la sede naturale, il procuratore aggiunto ha chiesto archiviazione e il Gip ci ha messo due minuti a dargli ragione”.